Lunedì 23 Dicembre 2024
GIUSEPPE TASSI
Sport

Il miracolo di un’Italia in fermento. Nel ’68 la nuova leggenda azzurra. I Beatles, la rivolta studentesca e quella monetina rimasta in piedi

Nell’anno delle piazze, la resurrezione della Nazionale con il ct Valcareggi: primo titolo continentale. Rocambolesca la finale con la Jugoslavia, raggiunta col lancio di cinque franchi e giocata due volte .

Che Italia in fermento, quella del Sessantotto: le canzoni dei Beatles e la rivolta studentesca, il Movimento nelle piazze e la Nazionale di Ferruccio Valcareggi campione d’Europa.

Sembrò un miracolo calcistico, a due anni dallo sfregio della Corea ai mondiali inglesi del ‘66. E invece fu il primo passo di una leggenda azzurra consacrata con Italia-Germania 4-3 all’Azteca e i prodi di zio Uccio vice campioni del mondo, secondi solo al Brasile di Pelè.

Molti di quei mitici cavalieri erano in campo anche la notte del 10 giugno 1968 quando l’Italia piego’ 2-0 la Jugoslavia, aggiudicandosi il suo primo titolo europeo.

Dall’ultimo trionfo mondiale di Pozzo, nel 1938, la Nazionale era passata da un fallimento all’altro, da cervellotiche commissioni tecniche a discutibili scelte logistiche, come quella di usare il piroscafo per recarsi ai mondiali del ‘50 in Brasile.

Ci volle un uomo saggio e temperato, conservatore ma visionario. Una specie di zio saggio come Ferruccio Valcareggi per centrare quello storico traguardo. Fu lui ad assemblare la squadra che Edmondo Fabbri aveva forgiato, garantendole un solido equilibrio difensivo. Con Zoff tra i pali e la collaudata coppia interista Burgnich-Facchetti a comporre un reparto quasi impenetrabile .

È grazie a questa capacità di difendere e soffrire che l’Italia regge l’urto dell’Urss nella semifinale di Napoli con Rivera menomato da un infortunio. La partita finisce 0-0 e i supplementari non schiodano il risultato. Poiché il regolamento dell’epoca non prevede i rigori, tutto verrà deciso da una monetina. Leggenda narra che al primo lancio dell’arbitro Tschenscher i cinque franchi svizzeri restino in piedi, conficcati nella giuntura del pavimento degli spogliatoi . E che al secondo tentativo la moneta plani sulla ‘testa’ scelta da capitan Facchetti.

Conquistata la finale contro la Jugoslavia in modo rocambolesco, l’Italia deve giocare non una ma due finali . Perché la prima, la sera dell’8 giugno, finisce 1-1 con gol di Dzajic e Domenghini . Uno stallo che impone la finale bis, due giorni dopo, sempre all’Olimpico. Valcareggi, da bravo stratega, cambia cinque undicesimi della squadra e punta sulla freschezza di Riva, Rosato, De Sisti, Salvadore e Mazzola. E il campo gli dà ragione. Riva, resuscitato da un infortunio e col numero 17 sulle spalle, segna il primo gol dopo 12 minuti con una rasoiata delle sue sul filo del fuorigioco. Poi tocca ad Anastasi, il Petruzzo juventino, firmare il gol del 2-0 che vale il titolo di campioni d’Europa. L’Italia del pallone è incollata davanti alla tivù in bianco e nero a godersi quella gioia selvaggia: la resurrezione di Valcareggi è compiuta e il futuro si dipinge di azzurro.