Lunedì 23 Dicembre 2024
PAOLO GRILLI
Sport

Due trionfi da favola. Danimarca, l’oro ripescato. Grecia, catenaccio da Dei

Nel 1992 e nel 2004 la vittoria di due Cenerentole capaci di stendere le big. Con organizzazione e tanto cuore l’impresa continentale diventa possibile .

Danimarca, l’oro ripescato. Grecia, catenaccio da Dei

Quando la favola si somma al sogno che ogni grande manifestazione sa scatenare, allora si raggiunge l’assoluta meraviglia. E pure il sollievo di sapere che il calcio possa offrire, di tanto in tanto, trionfi inattesi: con Davide che si fa beffe di Golia.

In Svezia, agli Europei del 1992, la Danimarca nemmeno avrebbe dovuto esserci. Era arrivata l’eliminazione nelle qualificazioni, e i giocatori erano legittimamente al mare a rilassarsi e ad abbronzarsi dopo aver terminato la stagione coi rispettivi club. Ma poi l’esclusione della Jugoslavia con la risoluzione Onu, per via della guerra in atto nei Balcani, riportò in gioco i danesi a dieci giorni dall’inizio del torneo. E così il ct Moller Nielsen, subentrato a Sepp Piontek, in quattro e quattr’otto rimise insieme la nazionale. Con un un guaio aggiuntivo non da poco: mentre Brian Laudrup accettò una nuova convocazione andando oltre i dissidi precedenti, il fratello Michael, la stella assoluta della selezione, proprio non volle rivestire la maglia della Herre-fodboldlandshold, essendo in totale disaccordo tattico con l’allenatore.

Ma poi inizia una storia trascinante. La Danimarca al debutto costringe l’Inghilterra a un sofferto 0-0, salvo poi perdere 1-0 con la Svezia. E’ nel terzo match che cambia tutto. A Malmoe, Larsen ed Elstrup firmano il 2-1 che condanna la Francia allenata da Platini e, complice la vittoria della Svezia sugli inglesi, vale il pass per la semifinale. Qui avviene un altro prodigio: l’Olanda campione uscente di Van Basten, Gullit e Rijkaard, viene sconfitta ai rigori dopo il 2-2 dei tempi regolamentari e supplementari. Schmeichel è decisivo parando il penalty del ‘Cigno di Utrecht’. In finale, l’onda del destino proietta i danesi al trionfo: sono Jensen e Vilfort i protagonisti di un successo che nessuno avrebbe potuto immaginare.

La favola si intreccia però con un dramma enorme. Proprio Vilfort, prima e dopo le gare di quella cavalcata, si assenta per assistere in Danimarca la figlia Lina, malata di leucemia. E che morirà sei settimane dopo la finale.

Dodici anni dopo, nel 2004, la Cenerentola degli Europei sembra la Grecia del ct Otto Rehhagel, vero mago della panchina capace di vincere anche la Coppa delle Coppe col Werder Brema a inizio anni ’90. Ma gli ellenici, all’esordio, si impongono per 2-1 sul Portogallo padrone di casa con i gol di Karagkounīs e Basinas. Inutile, per i lusitani, la rete di un giovanissimo Ronaldo. Arriva poi l’1-1 contro la Spagna, e in gol va Charisteas, carneade-eroe. Nell’ultima sfida del girone, la Grecia perde con la Russia, ma passa comunque per aver segnato più gol della Spagna arrivata a pari punti e con identica differenza reti.

Ai quarti, è ancora Charisteas a decidere: è un 1-0 a mandare a casa la Francia campione uscente. Arriva poi la semifinale contro la Repubblica Ceca. E’ Dellas, statuario difensore allora della Roma, a segnare il golden gol ai supplmentari che vale la finale. All’Estadio da Luz, ancora contro il Portogallo, la Grecia completa il capolavoro contro tutto e contro tutti, gettando l’intera nazione ospitante nello sconforto di un sogno finito sul più bello. E chi segna il gol-partita? Charisteas. La Grecia dell’orgoglioso catenaccio, con un solo tiro nello specchio in tutta la finale, è sul tetto d’Europa: prima della storia ad arrivarci partendo dalla quarta fascia. Charisteas segnerà in totale altri 42 gol coi club, nei dieci anni successivi di carriera.