di Simona Ballatore
Investire nei talenti. Creare più dinamicità tra gli atenei anche incentivando un “Erasmus nazionale“. E porre un freno al fenomeno degli abbandoni, da intercettare per tempo. Sono queste alcune delle sfide prioritarie del sistema universitario secondo Anna Maria Bernini, ministro dell’Università e della Ricerca.
Ministro, come stanno andando le immatricolazioni quest’anno? Gli atenei italiani tornano ad attrarre?
"I dati provvisori aggiornati a giugno ci dicono che i numeri sono in crescita. Sono 329.817 i ragazzi e le ragazze che per la prima volta si sono immatricolati nelle università italiane nell’anno accademico in corso. Oltre 7.000 in più rispetto al 2021-2022. Un aumento del 2,2% che fa ben sperare, ma che non basta, dobbiamo sicuramente fare di più. Noi ci siamo, vogliamo rendere l’Università sempre più attrattiva".
La dispersione “universitaria”, specie al primo anno, è ancora sorvegliata speciale. Qual è la situazione e come invertire rotta?
"L’Università deve essere una scelta di vocazione, non di necessità, la maturazione di un percorso di crescita personale. Noi dobbiamo supportare gli studenti rafforzando i meccanismi di orientamento.
Grazie al Pnrr abbiamo a disposizione 250 milioni di euro per portare nelle scuole più informazione e una visione prospettica dell’università. Sono certa che in questo modo potremo anche combattere il fenomeno degli abbandoni che, secondo i dati dell’Anvur, si è attestato intorno al 14 per cento nell’anno accademico 20202021. È un dato drogato dall’effetto pandemia, ma comunque la spia di un disinteresse che va capito".
È tempo di “maturità” e di scelte sul futuro: il suo consiglio ai ragazzi?
"Seguite l’istinto. Se il cuore vi porta in una direzione, imboccate quella strada perché comunque sarà il frutto della vostra volontà. Con una consapevolezza: gli inciampi sono dietro l’angolo, l’importante è rialzarsi sempre. L’Università e l’Alta formazione artistica, musicale e coreutica offrono tantissime opportunità per seguire inclinazioni e talenti. Il mio augurio è che gli studenti possano scegliere la strada dei sogni e delle ambizioni. Noi siamo al vostro fianco".
Posti letto: altro tema riportato sotto i riflettori anche con la protesta delle tende, che da Milano si è diffusa in tutta Italia. Come aumentare l’offerta e renderla più accessibile?
"Investendo sul diritto allo studio. E lo abbiamo fatto fin dai primi giorni dalla nascita di questo Governo. A dicembre, nella legge di Bilancio, abbiamo stanziato quasi un miliardo di euro: 460 milioni per gli alloggi e 500 milioni per le borse di studio. Sono soldi freschi, che si aggiungono a quelli già previsti dal Pnrr. Stiamo lavorando per raggiungere tutti i target, abbiamo già creato 7.500 posti letto e stiamo lavorando per realizzarne altri 52.500 entro il 2026. Anche grazie al proficuo confronto avviato con gli studenti, le Regioni, i Comuni, i rettori e gli Enti per il diritto allo studio. Quella degli alloggi è una partita che si vince se si lavora in squadra".
Numero chiuso a Medicina: è ancora attuale? Come verrà “ritoccato”?
"Un’apertura indiscriminata comporterebbe un abbassamento della qualità dell’offerta formativa e non risolverebbe il nodo delle specializzazioni, rischiando di inflazionare la professione. Possiamo, invece, aprire in maniera programmata e sostenibile. La stima del fabbisogno futuro è chiara: occorrono 30mila nuovi medici nei prossimi sette anni. E già da settembre avremo 4mila posti in più, per un totale di circa 18mila studenti distribuiti in tutta Italia che potranno intraprendere la carriera di medico. Ma il lavoro non è finito, con il ministro Schillaci ci occuperemo anche delle specializzazioni per evitare colli di bottiglia".
Quest’anno si sta sperimentando anche il nuovo test: come sta andando? Crede sia più efficace per la selezione?
"È presto per fare valutazioni. Mi sembra di vedere una certa soddisfazione, ma per fare un bilancio aspettiamo l’esito complessivo delle quattro prove. Quello che mi piace dei ’Tolc’ è sicuramente che non esiste un’unica possibilità di confrontarsi con un questionario. Il fatto che, a partire dal quarto anno di scuola secondaria, ci si possa cimentare in altrettante prove è un significativo passo in avanti. Scelte di vita non possono essere ridotte a un unico quiz".
Fondi per la ricerca: era il nostro tallone d’Achille. Ora le risorse ci sono e sono nati ecosistemi della ricerca. Qual è lo
stato dell’arte?
"In realtà negli ultimi dieci anni il numero di ricercatori stabili in Italia è aumentato. Segno evidente dell’interesse dell’Italia per la ricerca di base.
Ora, grazie al Pnrr abbiamo potenziato la capacità del 10%, con l’assunzione di 4mila ricercatori in più. Sono nati cinque Centri di ricerca nazionale, un’eccellenza dove università e imprese fanno rete.
Questo Governo ha introdotto una norma importante sulla premialità prevedendo un aumento dei compensi fino al 30% per i ricercatori che portano Grant nelle Università e nei Centri di ricerca italiani. Abbiamo rafforzato il welfare integrativo.
Stiamo investendo sui talenti, sulle persone e vogliamo che da questa positiva esperienza la ricerca italiana esca ancora più forte".
Più ponti tra università e imprese: i dottorati di ricerca crescono e possono essere un incentivo per lo sviluppo?
"Sicuramente possono essere un acceleratore di innovazione, i ricercatori che lavorano in azienda possono contribuire in maniera determinante a fare crescere le imprese. Per questo abbiamo previsto degli sgravi contribuitivi per le aziende che assumono ricercatori con dottorato innovativo e abbiamo finanziato 19mila borse di dottorato per rendere le università più attrattive e rafforzare il collegamento tra ricerca e imprese".
Il soffitto di cristallo nelle università è ancora spesso?
"Il sistema universitario italiano è cambiato molto. Le torri eburnee sono crollate, adesso c’è molta più interazione, reciprocità e anche una sana competizione. Abbiamo imparato a ragionare, appunto, come sistema, non come luoghi del sapere autoreferenzali.
Oggi le università parlano tra loro, si sostengono, si scambiano conoscenze e talenti. Un motivo in più che mi fa ben sperare nel successo dell’Erasmus nazionale, che nasce proprio dalla collaborazione tra atenei. Vince chi più sa mettersi in discussione e aprirsi ai cambiamenti. E questo le università italiane lo stanno già brillantemente facendo".