Bologna, 2 marzo 2024 – Ha fatto nascere cinquemila bambini e dato il via, a livello mondiale, alla fecondazione con ovociti congelati. In un continuo dialogo tra le tecniche più avanzate della scienza e la Chiesa. Eleonora Porcu per 45 anni è stata responsabile del Centro di fertilità e procreazione medicalmente assistita dell’ospedale Sant’Orsola, ora fa parte del Consiglio superiore di sanità.
Quando nasce l’idea di occuparsi di fecondazione assistita?
"Avevo iniziato a scrivere la tesi in Cardiologia quando è comparsa la cattedra di Endocrinologia ginecologica. Gli ormoni mi hanno sempre attratta. Andai a parlare con il professor Carlo Flamigni, lo scelsi come relatore della tesi che trattava gli ormoni femminili e mi sono laureata nel 1977. Da lì ho iniziato a occuparmi di questo ambito".
Lei è famosa a livello mondiale per avere precorso una nuova tecnica di procreazione assistita. Ce la può spiegare?
"Ho cominciato a pensare come conservare gli ovuli delle donne, tecnica provata da pochissimi sperimentatori e accantonata perché si riteneva non efficiente. Ricordiamo, però, che la scienza del freddo risale al Settecento con Lazzaro Spallanzani che provò a vedere cosa succedeva agli spermatozoi mettendoli nella neve. Ma per gli ovuli era più complesso. Eppure bisogna pensare a come fare: conservare gli ovuli vuol dire conservare la vita. Pensiamo a chi ha un tumore e deve essere sottoposta a chemioterapia. Mi innamorai di questa sfida che tutti avevano abbandonato".
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Che anni erano?
"Siamo intorno al 1993, la prima gravidanza che ottenemmo fu nel 1996 e la bambina nacque nel 1997. Conservo la bomboniera della sua nascita. Cambiammo anche il modo di inseminare con una iniezione dello spermatozoo nell’ovulo appena scongelato. Una storia che si diffuse in tutto il mondo e che mi riempie ancora il cuore di orgoglio".
Quanti bambini ha fatto nascere?
"Sono circa cinquemila".
Ricorda un caso particolare?
"Una signora che aveva subito quindici trattamenti ma poi abortiva, era un caso molto complesso. Poi riuscì ad avere un bambino con bellissimi occhi blu. E due donne con tumore, una al seno e una all’ovaio: se non avessero congelato di ovuli non avrebbero mai potuto avere figli. Li hanno avuti: la donna con il tumore all’ovaio ha avuto due gemelle. È stato il primo caso al mondo".
Ha lavorato dalla metà degli anni ’70 con il professor Flamigni, dichiaratamente ateo, mentre lei è di formazione cattolica. Come siete riusciti a convivere da un punto di vista etico?
"Flamigni capì che il mio approccio alla scienza voleva rispettare le radici della vita. Lui amava definirsi agnostico più che ateo, propenso alla sperimentazione. Il congelamento degli ovociti poteva coniugare un importante aspetto scientifico con quello etico, che sostituiva il congelamento degli embrioni, non ben visto dalla Chiesa".
A proposito di Chiesa, come è stato considerato il suo lavoro?
"Domanda molto impegnativa. Oso sperare che sia stato guardato benevolmente. In tutti questi anni c’è stato un confronto costante con Magistero della Chiesa. All’inizio andai a Roma, da monsignor Sgreccia chiedendo se dovevo accettare la proposta di Flamigni: mi disse di essere vigilante ma diede il suo permesso, tra virgolette. Poi parlai con Biffi, con Caffarra, con monsignor Tonini che andavo a trovare a Ravenna. E attualmente con il nostro grande arcivescovo, Zuppi".
Lei è madre?
"Sì, ho una figlia meravigliosa, Anna, che è veterinaria all’Ausl di Bologna".
C’è l’enorme problema della denatalità. Dal suo punto di vista c’è qualcosa che si può fare?
"Sta colpendo i Paesi più industrializzati ed ha origine dalla paura della sovrappopolazione. Poi le persone si sono convinte che è possibile spostare la ricerca di un figlio molto avanti nel tempo, ma non è così. Per questo, anche adesso, sto cercando di fare educazione sulla fertilità: dopo i 35 anni per una donna è complesso, è bene avere questa consapevolezza. Poi la decisione di avere figli è un fatto di libertà".
Donne e carriera: ha incontrato difficoltà? Discriminazioni?
"Flamigni mi ha molto valorizzata, credeva molto nelle donne. Ma dal punto di vista universitario è stato un percorso irto di difficoltà. Consideri che anche ora non c’è un professore ordinario donna nel settore Ginecologia e nemmeno nella Pediatria. Spero davvero che le cose cambino".