Venerdì 20 Dicembre 2024
MADDALENA DE FRANCHIS
QN X le Donne

Sciopero 8 marzo, sindacati uniti contro il gender gap

Sigle autonome e confederali sfilano per l’uguaglianza sul lavoro. I dati: salari al femminile, a parità di mansione, più bassi del 10%

Sciopero delle donne, lo scorso ottobre in Islanda

Bologna, 5 marzo 2024 – Un’occasione di lotta e non di festa: è con questa motivazione che un cospicuo numero di sigle sindacali italiane, tra cui Flc Cgil, Slai Cobas, Adl Cobas, Cobas Usb, Cobas Sub, Osp Faisa Cisal, Usi Cit, Clap, Si Cobas, Cub Trasporti, Uitrasporti, Usi 1912, Flaei Cisl e Uiltec Uil, ha lanciato la mobilitazione per il prossimo sciopero generale, previsto venerdì 8 marzo, data associata, da decenni, alla Giornata internazionale della donna.

L’agitazione durerà 24 ore e interesserà gran parte dei servizi pubblici e privati, compresi scuola, università e sanità. Il corpo nazionale dei vigili del fuoco sciopererà tra le 8 e le 14 di venerdì, i lavoratori di Autostrade dalle 22 del 7 marzo alle 22 del giorno seguente. Unica eccezione: i trasporti, esclusi a seguito di una nota della Commissione di garanzia degli scioperi.

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I sindacati di base invitano lavoratrici e lavoratori a protestare "contro ogni forma di violenza fisica, psicologica e morale, contro ogni discriminazione salariale e di ruolo sui luoghi di lavoro e nelle istituzioni, contro ogni guerra e l’aumento delle spese militari e a favore di servizi pubblici di qualità, lavoro stabile, riconoscimento del lavoro di cura, aumenti salariali in rapporto al costo della vita, salute, sicurezza e stato sociale".

Nel mondo del lavoro da scardinare c’è il gender gap, il divario fra genere maschile e femminile, che si manifesta con evidenza indiscutibile in svariati ambiti della quotidianità, a partire da quella disparità dei salari (in inglese, ‘gender pay gap’) che nel nostro Paese è inchiodata da tempo al 10,7% (rapporto Odm Consulting per Gi group holding). Poco importa che il proprio ruolo sia di operaia, impiegata o amministratrice delegata d’azienda: se si è donne, si percepirà una retribuzione media inferiore almeno del 10% a quella dei colleghi uomini.

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La mobilitazione lanciata in Italia ricorda quella che ha agitato l’intera Islanda il 24 ottobre 2023. Organizzato da più di 30 sigle, con il sostegno della stessa prima ministra Katrín Jakobsdóttir, lo sciopero aveva fermato le attività di un Paese che, stando al report annuale del World economic forum, si trova al primo posto della graduatoria che misura la parità di genere nel mondo, con un indice del 91,2 per cento. Una posizione che l’Islanda occupa da quattordici anni consecutivi, tanto da essersi guadagnata il titolo di ‘paradiso della parità di genere’. Secondo le organizzatrici, proprio questo primato spinge il Paese a tenere alta la guardia, a ‘fare da vedetta’ anche nei confronti del resto del mondo. Nella stessa classifica, in cui l’Olanda si piazza al primo posto, l’Italia risulta soltanto 79esima.

Nel nostro Paese solo una donna su due, di età compresa fra 20 e 64 anni, lavora. Siamo gli ultimi in Europa per il tasso di occupazione femminile (52%): persino la Grecia, con il 56%, fa meglio di noi, per non parlare della Germania (77%) e della Francia (65%). Sebbene sia cresciuto, negli ultimi anni, il numero di donne con una posizione di rilievo in politica (sono donne sia la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sia la numero uno dell’opposizione, Elly Schlein), le donne scivolano pericolosamente in fondo nei temi più importanti del dibattito pubblico, dalla finanza (solo il 30% ha conoscenze di base contro il 62% della media Ocse, dato Banca d’Italia) all’economia, fino alla gestione del potere economico.