Domenica 9 Marzo 2025
Claudia Marin
QN X le Donne

Reato di femminicidio, Roccella: “Svolta culturale. Violenza figlia del sistema di potere”

La ministra per le Pari opportunità e la famiglia: il lavoro femminile è strumento di libertà. “Il governo spinge sul fronte della conciliazione, con incentivi e più servizi”

Reato di femminicidio, Roccella: “Svolta culturale. Violenza figlia del sistema di potere”

Roma, 9 marzo 2025 – “ Il disegno di legge non segna una differenza morale tra l'uccisione di un uomo e quella di una donna, men che meno commento una classifica fra il valore delle vite umane. Ci mancherebbe. Riconosce però una specificità, che è dimostrata anche dai numeri: ci sono tante, troppe donne uccise dagli uomini, mentre è rarissimo che accada il contrario”. Il giorno dopo il via libera del governo al reato di femminicidio punito con l'ergastolo, è netta e decisa, Eugenia Roccella, nel respingere una delle obiezioni sollevate contro il provvedimento. E la ministra per le Pari opportunità e la famiglia va oltre: “Ma non è una questione di soli numeri”.

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La ministra della Famiglia e Pari opportunità Eugenia Roccella (Ansa)

Da dove nasce, oltre che dai drammatici numeri delle donne vittime di violenza, la stretta penale sul fenomeno?

“La verità è che la violenza contro le donne è figlia di un sistema di pensiero, tradotto in un sistema di potere che affonda le sue radici nella storia e nell'antropologia. È una violenza che ha forme proprie, modalità insidiose perché spesso si annida nei rapporti privati ​​di cui si fatica a vedere la disfunzionalità. Se non fosse messo così, non ci avremmo tanti anni a liberarci di norme come le attenuanti per il delitto d'onore o la galera per l'adulterio femminile. Avendo individuato il femminicidio come fattispecie autonoma di reato, riconosci tutto questo: è una svolta culturale potentissima, davvero dirompente”.

Sì obietta, però, che la repressione non basta.

“Nessuno è così ingenuo da pensare che questa legge farà sparire di colpo i femminicidi o ne abbatterà il numero il giorno stesso della sua entrata in vigore. Ma il cambiamento culturale che l'introduzione del reato di femminicidio può sollecitare è davvero pari a un salto quantico, e può imprimere una nuova direzione a tutta l'attività preventiva e repressiva della violenza contro le donne”.

Si aspettavano obiezioni di scarsa incisività a un pacchetto anti-violenza di genere che punisce i femminicidi con l'ergastolo?

“A chi sostiene che non serve, rispondendo che ciò che dà forza alla lotta contro la violenza è proprio il riconoscimento dei suoi caratteri specifici. A chi dice che non basta, rispondendo che nulla basta finché anche solo una donna verrà uccisa, ma il benaltrismo è una brutta malattia di questo Paese e sarebbe ora di riconoscere che questo governo ha fatto per le donne cose che raramente si erano viste prima in uguale misura, in termini di risorse, di strumenti normativi, di formazione, di sensibilizzazione”.

Lei rimane, comunque, uno dei bersagli principali nei cortei di 'Non una di meno'.

“Mai come questa volta, 'Non una di meno' ha dimostrato di avere a cuore soltanto l'aggressione politica al governo. Non pensare di poter essere sospettata di allergia al dissenso o alla protesta. Ma essere attaccata in un corteo per l'8 marzo, da donne che si professano femministe, il giorno dopo aver firmato una legge che introduce il reato di femminicidio, è davvero incredibile. La verità è che c'è un pregiudizio politico che prevale su tutto, anche sul bene delle donne in nome delle quali si dice di manifestare. Ho letto che nel corteo di 'Non una di meno' sono stata accusata di “transfobia“. Questo perché mi oppongo al tentativo di cancellare la differenza sessuale in nome della fluidità. Si vuole eliminare persino la parola donna e le desinenze, da sostituire con schwa o asterischi. Ma come si fa a proclamarsi femministe negando la differenza sessuale? Mi sembra avere idee un po' confuse”.

Se la violenza è una priorità, il gender gap sul lavoro resta un altro fronte apertissimo: i numeri sono migliorati, ma resta moltissimo da fare.

“Anche il lavoro femminile, e più in generale quello che viene chiamato empowerment, è una forma di prevenzione e di contrasto della violenza. E, più in generale, è uno strumento di libertà. La libertà è il filo conduttore di tutte le nostre politiche per le donne. In questo senso, la conciliazione vita-lavoro è un aspetto essenziale, non solo per aumentare sempre di più il numero delle lavoratrici, ma anche perché il lavoro familiare e in particolare la maternità sono la vera causa del gap retributivo e previdenziale. Non esistono in Italia leggi o contratti che prevedano, o anche solo consentano, una differenziazione tra la retribuzione degli uomini e delle donne. La differenza che tutti vediamo è figlia di un'organizzazione del lavoro che non è a misura di donna, di un'idea di parità che non tiene conto delle diverse esigenze. Per questo stiamo spingendo tanto sul fronte della conciliazione, attraverso la facilitazione dei servizi (asilo nido principalmente gratuito, nuovi nidi, centri estivi, frigid benefit ), l'incentivo del lavoro delle donne (decontribuzione per le mamme lavoratrici, sgravi per le assunzioni, sostegno all'imprenditoria femminile), il coinvolgimento diretto del mondo produttivo”.