Roma, 22 giugno 2024 – Roberta Bruzzone racconta all’Italia favole da incubo, e le sue serate a teatro fanno sold-out (domani sarà a Castiglione del Lago). Parla di trappole, delle tele che costruiscono “patriarcato e manipolazione affettiva”.
La parola ‘patriarcato’ rimanda all’omicidio di Giulia Cecchettin.
"Di fatto, il manipolatore affettivo sfrutta quello che il patriarcato prepara”.
Perché le donne non riescono a ribellarsi?
"Perché di solito sono abituate a considerarsi inferiori a un uomo, a pensare che senza la presenza di un uomo accanto la loro vita non abbia senso. E questo è un elemento su cui i manipolatori contano moltissimo”.
Qual è il primo tratto per riconoscere un narcisista-manipolatore?
"Il controllo. Anche se viene spacciato in modo subdolo per interesse. Quello è il marchio di fabbrica del manipolatore”.
Anche in questo caso tornano in mente le parole dell’assassino di Giulia Cecchettin. “L’ho uccisa perché voleva vivere senza di me”, ha confidato Filippo Turetta.
“Ed è sicuramente complicato interpretare nella giusta direzione la parte iniziale del rapporto con un manipolatore. All’inizio appaiono come persone perfette, abbaglianti, meravigliose, le migliori del pianeta. E non dimentichiamo che la dipendenza affettiva ha gli stessi meccanismi che regolano l’abuso di sostanze chimiche. Coinvolge gli stessi neurotrasmettitori: dopamina, feniletilamina, ossitocina. Per questo la vittima prova un’angoscia profonda che non vuole affrontare. Continuare quel legame genera meno sofferenza che pensare di uscirne”.
Chi sono gli spettatori delle sue favole da incubo?
"Quando, a fine serata, interagisco con le persone, mi rendo conto che una buona fetta del mio pubblico è rappresentata da chi ha vissuto esperienze del genere e ‘usa’ lo spettacolo quasi per staccare la spina. Poi ci sono anche genitori che portano i figli più giovani”.
La prima serata è stata a Padova, il 14 marzo.
"Lo spettacolo è diviso in due macro-temi. Prima una rassegna dei principali stereotipi di genere, letti con una chiave ironica e sarcastica. Poi racconto tre storie: Elena Ceste, Roberta Ragusa e Arianna Flagello. Le ho scelte perché l’aspetto culturale e le aspettative di fatto hanno agevolato l’opera del manipolatore”.