Venerdì 7 Marzo 2025
CLAUDIA MARIN
QN X le Donne

Rapporto Istat-Cnel: donne e lavoro tra ostacoli e disuguaglianze

Il divario di genere si accentua a sfavore delle donne nelle classi di età più avanzate e si accentua ulteriormente nel Mezzogiorno

Operaie al lavoro

Operaie al lavoro

Roma, 7 marzo 2025 - Prosegue la dinamica positiva del mercato del lavoro per la componente femminile. Dal 2008 al 2024 l'incremento del tasso di occupazione delle donne è di 6,4 punti. Una crescita dovuta soprattutto al segmento delle ultracinquantenni: mentre l'aumento per le over 50 raggiunge i 20 punti, per le 25-34enni si ferma a 1,4 punti. Quanto al divario di genere, in questo caso si accentua a sfavore delle donne nelle classi di età più avanzate, attestandosi a 12,1 punti per i più giovani ea 22,9 punti nella fascia più adulta.

Le differenze si accentuano ulteriormente nel Mezzogiorno, dove la distanza tra i tassi di occupazione femminile e maschile passa da 14,2 punti per classe 15-34 anni a quasi il triplo per le 50-64enni (33,1 punti in meno rispetto agli uomini). E' uno dei dati principali che si fondono dal Rapporto CNEL-ISTAT “Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità”, presentato oggi a Villa Lubin, a cura di Cristina Freguja, Maria Clelia Romano, Linda Laura Sabbadini.  

Il tasso di occupazione inferiore alla media Ue

Permane, nel complesso, l'ampio divario con l'Europa: il tasso di occupazione femminile risulta inferiore di 12,6 punti alla media Ue ed è il valore più basso tra i 27 paesi dell'Unione. Pur avendo raggiunto il suo massimo livello, il tasso di occupazione femminile – si legge nel Rapporto CNEL-ISTAT – è cresciuto in Italia meno rispetto alla media Ue: 6 punti dal 2008 al 2024 in confronto a 8,6 punti in Europa. Il gap di genere nel tasso di occupazione è quasi il doppio della media Ue: 17,4 punti contro 9,1 punti. Ad ampliare ulteriormente i divari con l'Ue si aggiungono le marcate disparità territoriali: mentre tutte le regioni del Nord e del Centro, tranne il Lazio, hanno raggiunto l'obiettivo previsto dalla Strategia di Lisbona 2010, pari al 60%, nessuna regione meridionale ha raggiunto il target europeo.  

Condizioni lavorative più vulnerabili rispetto agli uomini

Mentre tra gli uomini – evidenzia il Rapporto CNEL-ISTAT – circa sette occupati su dieci possono contare su un lavoro standard (dipendente a tempo indeterminato o autonomo con dipendenti), tra le donne sono in questa situazione poco più della metà delle occupate (53,9%). Quasi un quarto delle donne che lavora presenta uno o più elementi di debolezza (dipendente a tempo determinato, part time involontario, ecc.), contro il 13,8% degli uomini. Risultano più spesso vulnerabili le lavoratrici giovani (38,7%), residenti nel Sud (31,2%), con bassa istruzione (31,7% per le donne che hanno fino alla licenza media) e straniere (36,5%).  

Diminuiscono famiglie monoreddito

Tra il 2008 e il 2023 – spiega il Rapporto CNEL-ISTAT – è calata di oltre sei punti la quota di coppie in cui solo l'uomo lavora, provvedendo alle necessità finanziarie della famiglia (dal 33,5 al 25,2%). Nel confronto europeo l'Italia si colloca al terzo posto (dopo Grecia e Romania) per diffusione del modello monoreddito maschile e comunque lontana dalla media Ue del 16,1%. Risultano invece in aumento nel nostro paese le coppie paritarie, in cui entrambi i partner lavorano e hanno redditi da lavoro di livello simile (dal 27,8 al 29,8%).  

Nelle coppie paritarie maggiore benessere

Vivere in una coppia in cui i partner contribuiscono in egual modo al proprio reddito – rivela lo studio CNEL-ISTAT – migliora il benessere soggettivo: il 63% dei partner di coppie paritarie si dice molto soddisfatto della vita, un fronte di percentuale di circa il 40% dei partner di coppie monoreddito maschile. La stima con un modello logistico della probabilità che la donna in coppia sia soddisfatta della vita indica che, anche a parità di altre condizioni, sono avvantaggiate le donne che vivono in una coppia paritaria, poiché vivere nelle altre tipologie di coppia si associa a una minore probabilità di essere soddisfatte della vita.  

Per le madri in coppia tasso di occupazione al 57 per cento, per i padri all'86%

Il 69,3% delle donne che vivono da sole – si apprende dal Rapporto CNEL-ISTAT – ha un impiego, percentuale che scende al 62,9% tra le madri sole e al 57,2% tra le madri in coppia. Viceversa, tra gli uomini il tasso di occupazione per i single è di circa il 77% e arriva all'86,3% per i padri in coppia. Tra i 25 ei 34 anni meno della metà delle madri risulta occupata. Le disparità a livello territoriale possono essere molto importanti, legandosi anche alla diversa disponibilità di servizi per la prima infanzia: mentre nelle regioni del Nord e del Centro il tasso di occupazione delle madri supera o sfiora il 70%, nel Mezzogiorno si attesta poco sopra il 40%.  

600 mila inattive non cercano lavoro perché scoraggiate

Le disoccupate sono poco meno di un milione e quelle “di durata”, cioè in cerca di lavoro da un anno o più, pari al 54,3%. Le inattive sono oltre 7,8 milioni e per un terzo a causa di motivazioni familiari. Quasi 600 mila donne non cerca lavoro perché scoraggiata, in quanto convinta di non riuscire a trovare un impiego.  

Più istruite degli uomini ma svantaggiati su lavoro

Grazie al maggiore investimento in formazione – afferma il Rapporto CNEL-ISTAT – le donne in Italia sono mediamente più istruite degli uomini. Il 68% delle 25-64enni ha almeno un diploma o una qualifica, contro il 62,9% degli uomini. Il 24,9% è in possesso di un titolo terziario, contro il 18,3% degli uomini. Ma questo non si traduce in un vantaggio lavorativo. Permane una marcata segregazione orizzontale: circa la metà dell'occupazione femminile risulta concentrata in sole 21 professioni, mentre per gli uomini questo valore raggiunge ben 53.  

Tetto di cristallo permanente

Anche la segregazione verticale (“tetto di cristallo”) continua ad essere una realtà. In Italia, le parlamentari donna – sottolinea lo studio CNEL-ISTAT – sono il 33,6%. La quota di donne elette nei consigli regionali si ferma al 24,5%. Per quel che riguarda le imprese, solo il 28,8% è una conduzione femminile. La quota di imprenditrici è comunque in crescita, in tutte le classi di età, ma soprattutto tra le under 35 (+2,3 punti).  

Per le lavoratrici retribuzioni più basse

La diffusione di contratti non standard nella componente femminile del mercato del lavoro – mette in luce il Rapporto CNEL-ISTAT – è la principale causa di livelli retributivi individuali insufficienti. Nonostante dal 2015 al 2022 il monte retributivo annuo delle donne occupate sia cresciuto in termini reali del 5% (contro il 3,2% degli uomini), il differenziale di genere tra le retribuzioni medie resta piuttosto marcato, superiore ai 6 mila euro su base annua a vantaggio dei dipendenti maschi.