Giovedì 26 Dicembre 2024

Non bisogna tollerare: "Abbandonare l’idea che la violenza non torna"

La presidente dell'Ordine degli psicologi della Toscana, Maria Antonietta Gulino, analizza il meccanismo della violenza contro le donne e l'importanza della prevenzione e della consapevolezza.

Quale il meccanismo della violenza contro le donne? Ne parliamo con la presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana, Maria Antonietta Gulino.

Quale il meccanismo della violenza? Cosa scatta nella testa degli uomini, presidente Gulino?

"Direi cosa non scatta. Non scatta un senso del limite, del rispetto, di consapevolezza di chi ho davanti. Non ho davanti un pungiball ma una persona che ha diritto a esprimere la propria opinione, a dissentire. E’ su questo che dobbiamo lavorare: potenziare la consapevolezza che di fronte a me ho un’altra persona e di lei non posso fare quello che voglio. Non posso zittirla, essere indifferente alle sue opinioni, offenderla, denigrala, maltrattarla. C’è poi un mondo di modelli familiari che possono fare la differenza: l’ idea di coppia che ho ereditato, cosa significa il rispetto dentro una relazione, che idea di ’maschio’ ho maturato. Nelle violenze c’è la tendenza patologica a non fermarsi, a non riuscire a dirsi “no, non devo fare del male alla persona davanti a me”".

Si nasce o si diventa uomini maltrattanti?

"C’è sempre una storia, c’è un’infanzia, ci sono vissuti, anche maltrattamenti subìti. Ecco perché è fondamentale la prevenzione: prima interveniamo e prima corriamo ai ripari. Quando, ad esempio, vediamo a scuola una ragazza aggredita da un compagno diventa essenziale intervenire a protezione, in classe, sottolineando che quello è un comportamento che fa male".

Le donne hanno maturato una maggiore consapevolezza nel denunciare?

"La sensibilità è cresciuta, ma c’è ancora l’idea che “tanto non lo rifarà”. L’idea della tolleranza ad un comportamento violento oppure una sudditanza di tipo economico, domestico: “Cosa sarà di me se mi ribello?”. E allora si sopporta, si tollera. Essere indifferenti o lasciar correre rispetto a comportamenti di cui siamo vittime toglie la possibilità di difendere sé stesse e i propri figli. Bisogna chiedere aiuto e rivolgersi a persone fidate, a centri antiviolenza, a professionisti della salute psicologica e mentale".

Quale il primo campanello d’allarme a cui la donna deve immediatamente reagire?

"Tutte le volte che c’è indifferenza alle proprie emozioni: torno a casa dopo una dura giornata di lavoro, vorrei parlarne con mio marito ma lui non mi ascolta e banalizza. Come se il mondo dell’uomo avesse più valore di quello della donna. Laddove non c’è valore, significa che qualcosa non funziona. Da qui può partire un’escalation che può portare alle botte, alla violenza fino ad arrivare al femminicidio. Lavorare in prevenzione serve ad aiutare una donna a dire di NO ad un comportamento aggressivo, per proteggere sé stessa, insegnando a suo figlio, a sua figlia che bisogna pretendere rispetto da chi ci sta vicino, soprattutto se quella persona dice di amarci. L’amore non fa male".

R.F.