Roma, 20 novembre 2023 - La violenza sulle donne e lo sguardo di una poliziotta, di quelle capaci di scavare nei numeri per farne emergere storie e persone. Marina Contino, dirigente Dac, lo ripete nelle scuole, nei supermercati, nelle piazze. “Questo non è amore”, il titolo della campagna che cerca di mettere in guardia le donne, di dare gli strumenti per cogliere subito i segnali.
Dottoressa Contino, da dove partiamo?
"Dagli ammonimenti: 3.365 da gennaio al 30 settembre, vuol dire 12 al giorno, rispetto al 2022 sono aumentati in media del 25% quelli per violenza domestica, quando possiamo procedere d’ufficio senza che la vittima ci venga a dire, mio marito mi ha picchiato”.
Cosa trovate?
"Per dire: la volante interviene perché i vicini sentono urla e litigi. Ma la donna non vuole fare denuncia. Oppure: mi arriva il referto, è la seconda volta che quella mamma va in ospedale perché sbatte la testa contro un pensile della cucina. Noi interveniamo d’ufficio. Per atti persecutori è automatico che scatti la denuncia. A fronte di un ammonimento, la seconda volta c’è l’arresto. Abbiamo proposto che si possa procedere allo stesso modo anche per violenza domestica”.
Facendo chiarezza sui numeri dei femminicidi.
"Dal 25 novembre 2022 al 18 novembre 118 donne sono state uccise per omicidio volontario, i femminicidi sono stati 40. Da gennaio ad oggi gli omicidi sono stati 102, di questi 35 sono femminicidi”.
Quando una donna è uccisa proprio perché donna.
"La parola non è bella ma sono ben contenta sia stata inventata perché almeno se ne parla. Vale la pena guardare a un altro numero: negli ultimi 10 anni gli omicidi sono diminuiti tantissimo. Nel 2001, fino al 2011, si parlava di 700-800 all’anno, oggi quella cifra è dimezzata. Ma il numero delle donne uccise è sempre lo stesso”.
Quali sono i segnali di pericolo da cogliere?
"Abbiamo compreso che la vittima spesso non dà l’etichetta a quello che le sta accadendo. E quindi noi cerchiamo di entrare nelle scuole, nei supermercati, nelle piazze per dire: quando è tanto geloso di te, non devi essere così contenta”. La vittima spesso si colpevolizza.
"Niente di più sbagliato. Cerchiamo di far capire, guarda che la tua gonna non era troppo corta, non ti devi vergognare. Proviamo a fare un lavoro che tenga dentro tutti, dalla formazione del poliziotto che non deve avere pregiudizi né stereotipi, alla donna che si deve sentire tranquilla ad entrare dentro casa e anche nei nostri uffici. Per questo esistono le stanze di ascolto, dipinte, posti dove la donna non viene trattata come se dovesse fare denuncia per un furto d’auto”. Chi è il femminicida?
“Una persona che non è in grado di gestire le proprie emozioni e di comprendere quello che fa. Per questo è urgente intervenire. Quando un uomo comincia a prendere a calci la porta di casa o tenta di scavalcare, lo si può fermare già lì perché non arrivi ad ammazzare quella persona. La parola ‘era solo uno schiaffo’ è la cosa più comune tra le vittime, è proprio il leit motiv. Per questo dico che noi non facciamo statistica ma un’analisi degli eventi per comprendere cosa possiamo fare per evitarli”.
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