Dalla dedizione per il lavoro all’amore dei figli, passando per gli anni trascorsi a Mediaset e al cambiamento culturale in atto. Dalia Gaberščik – figlia del grande Giorgio Gaber –, una delle prime donne imprenditrici del settore della comunicazione, si racconta senza filtri a “QN X LE DONNE”, nell’intervista online sul nostro sito con Agnese Pini, direttrice di Qn, La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino e Luce!. Titolare della società di comunicazione Goigest e vicepresidente della Fondazione Gaber, Gaberščik ha iniziato a rivoluzionare il mondo della comunicazione negli anni ’90. "Ho fatto il capo della comunicazione a Mediaset nel periodo 1990-2000: venivo chiamata “capo“ o “direttore“ e la cosa non mi infastidiva. Sento sempre un po’ di stranezza nel coniare delle parole che storicamente sono declinate al maschile. Però apprezzo che le nuove generazioni si pongano il problema della questione di genere e utilizzino il femminile dove è giusto utilizzarlo" dice nell’intervista ribadendo, però, un concetto a lei caro: "In un consiglio di amministrazione dobbiamo far sedere una donna perché brava non perché donna".
La competenza prima di tutto. "Per me sarebbe mortificante sapere di essere scelta solo perché donna" ammette colei che ha avuto la fortuna di lavorare a Mediaset negli anni "spettacolari per la crescita dell’azienda", anni in cui è diventata madre di Lorenzo e di Luca, riuscendo a conciliare la vita di madre con quella di lavoratrice.
"Fino al ’94 Silvio Berlusconi in persona dirigeva i lavori dei direttori di rete e dei palinsesti. Non esisteva l’ufficio stampa. Io fui chiamata da Giorgio Gori che mi volle a lavorare con lui per Canale 5 e poi per tutte e tre le reti, e fu una sfida molto stimolante" racconta la manager della comunicazione nell’intervista con Pini. "A quei tempi la tv non era presente sulle pagine dei quotidiani che avevano un grosso peso dal punto di vista della rilevanza dell’opinione pubblica", spiega, ricordando che "c’erano programmi che facevano milioni di spettatori ma non entravano nei quotidiani perché giudicati troppo “bassi“, troppo mainstream".
«Adesso però – aggiunge – ho la sensazione che si sia ribaltata la situazione e che i quotidiani abbiano abdicato quella autorevolezza per correre dietro ai numeri, al web". Anche se secondo lei "i media hanno ancora tantissimo spazio per re-inventare un proprio ruolo di riferimento, al di là dei “sentiment“. D’altronde, non c’è dubbio che se ci sono le elezioni politiche scelgo di andare sulle pagine di QN per informarmi, se voglio sapere del matrimonio del momento posso fare altre scelte" dice.
Per quanto riguarda il rapporto tra gli artisti e i social, Gaberščik spiega: "La disintermediazione, ovvero il rapporto diretto con i fan attraverso i social, ha vantaggi e svantaggi. Per apprendere in presa diretta il riscontro dell’uscita di un disco, magari non troppo positiva, devi essere strutturato come persona prima che come artista. Mi ricordo di un pesante attacco social a Morandi perché aveva postato una foto mentre uscita da un supermercato di domenica, giorno festivo e, quindi, non idoneo per la spesa secondo i leoni da tastiera. Ma Morandi è Morandi e non ha avuto problemi. Mi domando: dove stiamo andando se appena una persona esprime un concetto viene attaccata con ferocia?".
E sul concetto di successo, la donna che gestisce la comunicazione di tanti grandi artisti, non ha dubbi: "Il vero successo è quello di ritrovarsi nelle cose che si vuole esprimere, non inseguire a tutti i costi i numeri dello streaming o del botteghino. Sono figlia di una persona che ha sempre fatto e detto ciò che voleva. Per mio padre il consenso del pubblico è stata una gradevolissima conseguenza".