Giovedì 21 Novembre 2024
RITA BARTOLOMEI
QN X le Donne

Violenza sulle donne, la farmacista-criminologa: “Vi spiego come riconoscere i segnali e aiutare le vittime”

A Cosmofarma 2024, ospitata alla Fiera di Bologna, si parla di violenza di genere. Evento organizzato da Angela Margiotta, presidente dell’associazione Farmaciste Insieme e da Simonetta Molinaro, ideatrice de Il farmacista informato sui fatti. “Siamo un presidio sul territorio”

Bologna, 20 aprile 2024 - Si parla di violenza di genere oggi a Cosmofarma 2024, in programma fino al 21 aprile alla Fiera di Bologna. Perché la violenza sulle donne “è anche una questione di salute, oltre che un grandissimo tema di rilevanza sociale che riguarda tutti”.

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Parte da questa premessa Simonetta Molinaro, farmacista e criminologa forense che 10 anni fa si è inventata il progetto ‘Il farmacista informato sui fatti’. Oggi ideatrice dell’evento ospitato nella sala Meeting in Farma del padiglione 29 e organizzato assieme ad Angela Margiotta, presidente dell’Associazione Farmaciste Insieme.

Dottoressa Molinaro, che ruolo hanno i farmacisti nel contrasto alla violenza sulle donne? “Sicuramente abbiamo un osservatorio privilegiato perché siamo sul territorio. La farmacia rurale ma anche quella urbana di fatto sono un piccolo microcosmo. Le persone instaurano con noi un rapporto di fiducia”.

Che cosa chiedono le donne al farmacista?  “Cercano un aiuto, un consiglio. Capita anche che tu ti accorga che c’è qualcosa che non funziona”.

Quali sono i campanelli d’allarme?

"Ripeto sempre ai miei colleghi che è importante la formazione. Con il progetto ‘Il farmacista informato sui fatti’ vogliamo insegnare proprio a capire quali sono i segnali dai quali ti puoi accorgere che quella persona è vittima di maltrattamenti in famiglia, di violenza domestica. Bisogna anche imparare a usare le parole giuste, a saper agganciare e accogliere queste persone”.

Simonetta Molinaro, farmacista e criminologa
Simonetta Molinaro, farmacista e criminologa

Cosa può fare un farmacista?

"Ad esempio dare informazioni. Un numero di telefono, magari quello del centro antiviolenza più vicino. Nessuno deve pensare di diventare investigatore privato, poliziotto o psicologo. La nostra parte non è quella, piuttosto dobbiamo far comprendere alla persona in difficoltà che abbiamo capito. Che se avrà voglia di rivolgersi a noi, noi ci saremo. Tante volte basta sentirsi riconosciuti, basta capire di essere stati visti. Questo può dare il coraggio che fino a quel momento non hai avuto, perché ti sei sentita sola”.

Qual è il segnale che l’ha messa in allarme?

"Ci sono stati tanti episodi, in un caso è arrivata una donna sanguinante con il marito che la inseguiva, quindi l’ho dovuta fisicamente nascondere in farmacia. Quello è stato un caso eclatante”.

Non sempre è così?

"No, a volte le situazioni sono più ‘sfumate’. Tante volte le donne non hanno abbastanza soldi per comprare le cose e rinunciano. Oppure sono in ansia. Ripetono frasi tipo: “Devo andare c’è mio marito che mi aspetta”; “devo fare la spesa perché mio marito deve mangiare”. C’è sempre un riferimento al ‘lui’. Questi sono segnali molto chiari. Ieri è arrivata una signora che non è riuscita a spiegare che cosa avesse perché il marito non lo faceva parlare, la interrompeva di continuo. La prossima volta, se verrà da sola, bisognerà cercare in qualche modo di farle capire che se ha bisogno noi ci siamo”. La violenza di genere è anche un problema di salute?

“Assolutamente sì. Con quale spirito e con quale forza una donna può andare a lavorare, il giorno dopo? Le ricadute della violenza sono tantissime. Questo non è un panno sporco che si lava in famiglia, questo è un problema sociale di tutte e di tutti. È arrivato il momento di cambiare atteggiamento e linguaggio. Proprio per arrivare a un cambiamento culturale, forse l’unica strategia che davvero ci può salvare”.

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