Roma, 14 dicembre 2023 – I centri per uomini autori di violenza (Cuav) sono in continuo aumento. Ma per Giorgio Ceccarelli, presidente dell’associazione ‘Figli negati’ e fondatore del movimento pacifista ‘Armata dei Padri’, non basta ancora.
La sua proposta è radicale: “Non sono le donne vittime a doversi nascondere, sono gli uomini violenti a dover entrare in strutture che li possano curare. Sono in trincea da 25 anni, le ho viste bene in faccia le persone pericolose. Per questo insisto: bisogna colpire per forza il colpevole, non la vittima”.
I numeri dei centri antiviolenza per uomini
L’ultima indagine nazionale CNR-Irpps sui Cuav, i centri per uomini autori di violenza, dimostra che negli ultimi cinque anni i punti di accesso sono raddoppiati, erano 69 nel 2017, l’anno scorso erano diventati 141. Il numero degli uomini che li frequentano è aumentato da 1.264 a 4.174, ma sono invece in diminuzione gli accessi spontanei.
La proposta di Giorgio Ceccarelli
Anche per questo Ceccarelli insiste: “Bisogna invertire la tendenza, altrimenti le donne continueranno a morire. I violenti non temono il braccialetto, non temono la punizione... Molti sono assolutamente curabili. Non puoi lasciare libero l’uomo violento e costringere la donna, vittima, a nascondersi in una casa famiglia. Questa è una follia”.
“Un percorso di cura automatico per i violenti”
Per Ceccarelli il percorso di cura per gli uomini dovrebbe quindi essere in sostanza ‘automatico’. “Quando c’è un tumore maligno da curare –spiega -, il medico deve capire l’origine di questo male per curare il corpo. Il tumore attuale del femminicidio sono gli uomini violenti. E come fai a prevenire le loro azioni? Curandoli. Se una donna va al pronto soccorso perché è stata picchiata, e denuncia, quando torna a casa rischia di essere uccisa. Così la condanniamo a morte. Alla fine anche l’avvocato si sente corresponsabile”.
“L’auto aiuto e il peso della solitudine”
In questi centri, ragiona il presidente, “gli uomini violenti possono aiutarsi tra loro. Ne ho conosciuti tanti. Quando vedevo che la loro follia era dovuta anche alla solitudine, e questo è un aspetto che le persone non raccontano mai, li ho accolti. Quando una persona è sola ha un fuoco interiore pazzesco, proprio perché non si può sfogare con nessuno. Spesso ho arruolato uomini così, il rischio era altissimo, poteva accadere di tutto. Ma l’ho fatto, sulla fiducia. Li ho presi per un orecchio, gli ho detto, tu ora sei dei nostri, non puoi delinquere, non puoi fare danni perché rovini tutto il gruppo. Tra di loro, avendo lo stesso identico problema, si sono incontrati, sfogati a cena, nelle manifestazioni. Li ho disinnescati così”.
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