Lecce, 15 settembre 2024 - Infibulazione su una bambina di 8 anni originaria del Mali. La storia che arriva dall’ospedale di Lecce riporta sotto i riflettori una pratica sommersa ma dai numeri inquietanti anche in Italia. Nel momento in cui scriviamo i contorni della vicenda sono ancora da definire, le indagini sono appena all’inizio. La procura dei minori ha aperto un fascicolo. E risulta che la bambina sia stata allontanata dalla famiglia per essere affidata a una struttura protetta.
I fatti ricostruiti fino a questo momento
La bambina è stata portata al pronto soccorso di Lecce lunedì dal padre. L’uomo, in un italiano incerto, ha raccontato che la figlioletta si era fatta male mentre giocava. Ma gli accertamenti medici avrebbero accertato invece una mutilazione genitale, non è chiaro se sia stata praticata di recente.
La pratica dell’infibulazione in Italia è reato
L’infibulazione in Italia è un reato. L’articolo 583 bis del codice penale prevede una reclusione da 4 a 12 anni per chiunque “in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili”. Chiarisce il codice che si devono intendere “come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo”. Lo stesso articolo si occupa anche delle conseguenze che la pratica tribale può provocare. E aggiunge: “Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili (...) da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni”. Ancora: “La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche (...) sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro”.
A questo link del ministero della Salute le notizie sulle MGF
Cosa sono le mutilazioni genitali femminili (MGF)
“Tutte le pratiche di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o ad altre alterazioni indotte agli organi genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche”. Così l’Oms nel 1996 ha definito le mutilazioni genitali feminili (MGF). Il ministero della Salute mette l’accento su “un atto estremamente traumatico ed hanno gravi conseguenze sulla salute fisica, psichica e sessuale delle bambine e delle giovani ragazze che le subiscono”. Sempre secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sono 200 milioni le donne sottoposte a queste pratiche tra Africa, Medio Oriente e Asia, più di 3 milioni quelle a rischio ogni anno.
I precedenti sui bambini (anche mortali)
Un’indagine di Eige - istituto europeo per l’uguaglianza di genere - nel 2018 stimava che in Italia dal 15% al 24% delle ragazze fossero a rischio di mutilazione gintali femminili (MGF). Nel nostro paese sono finiti sotto i riflettori della cronaca anche casi gravissimi che riguardano le circoncisioni tribali sui bambini. A giugno una donna nigeriana è stata condannata a 8 anni e 8 mesi per la morte di un bimbo di appena 21 giorni dopo ‘il rito’, che era stato praticato vicino a Roma il 24 marzo dell’anno prima.