di Eva Desiderio
Grande energia e forte soddisfazione per i risultati delle vendite, dopo gli anni duri del Covid, in Roy Roger’s, primo brand italiano di denim di proprietà della famiglia fiorentina Biondi che lo controlla con Manifatture Bell SpA che ha sede a Campi Bisenzio. Patrizia Biondi, che è la presidente del brand, coi figli Niccolò Biondi amministratore delegato e Guido Biondi direttore creativo arriva nello stand di Pitti Uomo 104 con dati importanti di vendita per Roy Roger’s e interessanti prospettive di sviluppo dei mercati, specie quello americano.
"Chiuderemo il 2023 a 30 milioni di fatturato – spiega l’ad Niccolò Biondi – ed è un raddoppio visto che nel 2019 eravamo a 20 milioni e nel 2020 causa pandemia eravamo scesi a 15 milioni di euro. Ora la riscossa negli ordini ci conforta molta. Questo 50% in più è un ottimo risultato, che si ottiene in gran parte in Italia che per noi si conferma primo mercato, con crescita a due cifre intorno al 20%. Abbiamo 5 negozi diretti e 850 punti vendita, ma penso di ridurli almeno di un dieci per cento perché con Roy Roger’s vogliamo raggiungere un posizionamento sempre più alto".
Ottime le prospettive sul mercato americano, che risulta essere molto recettivo anche se non è facile andare negli Usa a vendere jeans. "Sarà un processo di penetrazione che ci porterà via del tempo ma quello americano è il mercato più importante del mondo – continua Niccolò Biondi – e devi sempre essere innovativo. Il sell out ci fa stimare diversi riassortimenti. Altro mercato nuovo è per noi il Giappone dove da due stagioni consegnamo bene".
Energia, dicevamo, che nello stand di Pitti Uomo 104 si dilata con la presentazione di una capsule collection con ’Dave’s New York’, tempio dell’abbigliamento da lavoro in Usa che oggi piace a giovani e divi, e della collezione Roy Roger’s per l’estate 2024 dedicata allo stile college e battezzata ’University’. "Ho pensato con Dave’s a una capsule collection di 25 capi – racconta il direttore creativo di Roy Roger’s – ed è stato bello lavorare con questa etichetta che vanta 60 anni di storia, ci accomunano molte cose come per esempio l’essere partiti con l’abbigliamento da lavoro. Per noi è imprescindibile l’affinità naturale con il partner, in questo caso con Adam Levi, seconda generazione per Dave’s e noi che siamo alla terza. Da questa collaborazione ne scaturisce un ’vintage del futuro’, una tradizione che si sposa con il mondo street e urbano della city. Questo è un passo importantissimo per noi, che abbiamo deciso di esplorare il mercato americano, focalizzandoci sullo streetwear, pensato però con uno stile autentico".
Per la main line Roy Roger’s il tema UniversityCollege ci si ispira al mondo preppy americano, emblematico degli anni ’50 e ancora oggi tratto di uno stile ben definito. La reinterpretazione di Roy Roger’s non è una semplice trasposizione di quei codici che delineano lo stile university, ma una vera e propria rielaborazione, riletta secondo il Dna del brand, dove italianità e denim la fanno da padrone. Un incontro fra tradizione e contemporaneità, dove la giacca formale si indossa con cargo e ciabatte in patchwork denim, per un effetto di eccentrica eleganza.
"Porterò a Pitti – chiude Biondi – la collezione Roy Roger’s maschile e femminile e, in questo modo, possiamo mostrare tutta la potenzialità dell’azienda. Ho fuso il gusto americano-kennediano con quello italiano, ispirandomi allo stile di Gianni Agnelli e alla sua eleganza senza tempo, ma dando un tocco più grintoso e per la donna anche un po’ di sexy con minigonne in denim dall’aria vintage e dai tasconi work". Non basta: nella boutique fiorentina di Roy Roger’s in via della Vigna ecco nei giorni del salone anche l’esposizione e la vendita di una capsule di t-shirt da mito come quelle senza cuciture di Velva Sheen, marchio nato a Cincinnati ma oggi a Los Angeles, con lavaggi che mimano la scoloritura del sole.