di Paolo Galliani
Lo ricorda. E si concede un certo sorriso sornione perfino lui, Peter Brunel, che in tema di alta ristorazione è sempre stato un serio perfezionista, perché "in cucina – ripete - nulla capita per caso e se l’estro è un ottimo complice della tecnica, non lo è di sicuro l’improvvisazione". Anni fa, da ’stellato’, nell’elegante ristorante fiorentino Borgo San Jacopo della famiglia Ferragamo aveva avuto la strana idea di creare un menù interamente a base di ’patata’, spiegando che il tubero più consumato al mondo strameritava di uscire dalla reclusione riduttiva in cui veniva abitualmente rifilato per diventare ’un protagonista’.
Certo, com’era prevedibile, lungo le sponde dell’Arno questa sua trovata finì per provocare ilarità e ironia, elementi notoriamente identitari della genetica toscana. Ma poi si affretarono tutti a prenotare un tavolo pur di assaggiare i suoi ’Spaghetti di patata alla carbonara’, la ’Patata pietrificata, colata nell’argilla’ e la ’Patata al cioccolato’. Davvero sorprendente questo chef della Val di Fassa affascinato da un ingrediente che altri tendono ad archiviare come ’dozzinale e plebeo’ e che lui, Peter, considera invece versatile e sexy. Perché gli ricorda le montagne dove è nato e cresciuto? Probabilmente.
E in effetti, oggi lo ritroviamo nel suo amato Trentino, esattamente ad Arco, a pochi passi da Riva del Garda (dove a soli 28 anni aveva conquistato l’étoile Michelin), perché uno può fare esperienze ovunque, ma sente sempre il richiamo delle radici. Tant’è. Nel frattempo, quella di Peter è diventata una bella parabola. Impreziosita dalla sua dichiarata simpatia per Gabriele D’Annunzio, dettata dalla vicinanza con il Vittoriale ma anche dalla personalità del buongustaio e lungimirante ’Vate’, capace di primeggiare su più fronti fino a scrivere di sé stesso ’La mia anima visse come diecimila’. Per sillogismo, Peter è un po’ così: un geniaccio.
In grado di trovare ispirazione nell’arte e nell’architettura. E di destreggiarsi perfino nella cucina nikkei, sintesi tra quella nipponica e quella peruviana. Ovviamente senza rinunciare alla passione per i vegetali alpini, reverenza istintiva "perché essere green – assicura – non è una scelta, è un moto dell’anima". E allora, tutto si spiega. E si rivela. Come alcuni piatti iconici rintracciabili nel bel ristorante aperto con Lorenzo Risatti, peraltro colmo di elementi estetici presi in prestito proprio dal Vittoriale. E le famose ’pommes de terre’? In bella vista. Come confermano il ’Riso di patata con fonduta di formaggio di Fossa di Cavalese e tartufo nero del monte Baldo’, gli ’Spaghetti di patata al pesto genovese con taccole e pinoli’. E of course, gli gnocchi di patata: con fonduta e salmerino affumicato o con polvere di cioccolato e uova di seppia.
Le variazioni sul tema? Normali quando si ama qualcuno o qualcosa. E allora, ecco che compaiono la ’Crema di patata soffiata al cucchiaio’ e il ’Sorbetto di patata viola con panna acida, pistacchio e caviale Baikal’. Della serie: meglio rassegnarsi. Perché se il 48enne della Val di Fassa brilla nel ranking italiano degli chef più originali, lui è riuscito ad andare oltre. D’Annunzio ripeteva ’Osa l’inosabile’. E lui, Peter, l’ha preso in parola.