Ministro Pichetto Fratin, cosa si aspetta da COP 29, una COP che si concentrerà sulla finanza climatica e non su nuovi impegni di riduzione delle emissioni? Non teme che il risultato sia inferiore alle aspettative?
"Negli ultimi tre anni – afferma il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica di Forza Italia – ho visto un continuo progresso. Si parla spesso di successo o di fallimento, ma le COP sono tanti gradini di una scala. Lo abbiamo visto a COP 28 a Dubai, quando sembrava che non si riuscisse a raggiungere alcun obiettivo e poi si è messa una pietra miliare, riconoscendo che serve una transizione dai fossili. Da parte di tutti i Paesi c’è coscienza che la strada è ineludibile. Non si va indietro, ma solo avanti. A esempio a Cop 28 no si è riusciti a raggiungere un accordo sull’eliminazione del carbone ma ci siamo poi riusciti, dopo un lungo dibattito, al successivo G7 di Venaria, sotto presidenza italiana. La strada è quella. L’obiettivo del grado e mezzo fissato dall’accordo di Parigi – illustra Gilberto Pichetto Fratin – va perseguito con determinazione, tenendo conto delle diverse condizioni economiche e sociali dei vari paesi".
Cosa succede però con la decisione di Trump di chiamarsi ancora fuori dall’accordo di Parigi?
"Quando Trump uscì dall’accordo di Parigi, nel suo primo mandato, il sistema energetico americano non si è fermato nell’installazione di impianti rinnovabili. Quindi sono certo che l’America continuerà nella direzione della transizione energetica. E la Convenzione sui Cambiamenti Climatico non è solo America, ma tutto il mondo. Basti pensare al ruolo rilevante dell’Europa e al fatto che la Cina, che ancora investe molto in fonti fossili ed è il primo emettitore, è il paese che ha già raggiunto, sei anni prima, il livello di rinnovabili che aveva fissato al 2030. Anche loro si muovono e velocemente. Certo, bisogna mettere anche i Paesi non sviluppati in condizione di trovare le risorse per rispondere al cambiamento climatico, e a questo serve la finanza climatica. Ovviamente, va fatto sulla base di regole chiare ed eque, uscendo dall’attuale modello di finanziamento oggi del tutto volontaristico".
L’Italia ha fatto i compiti a casa? Il Pniec, il piano nazionale energia e clima, garantisce un adeguato livello di ambizione?
"Un paese come l’Italia vince nel mondo sulla qualità. Gli obiettivi di decarbonizzazione diventano quindi per noi non solo un obiettivo ambientale ma anche un obiettivo economico e di qualificazione sociale. Una opportunità per il brand Italia. Il Pniec garantisce una transizione energetica positiva ed equilibrata sotto tutti gli aspetti. Noi abbiamo previsto al 2030 di ribaltare l’attuale rapporto di produzione di energia elettrica per i due terzi con fonti fossili e per un terzo con le rinnovabili. Il nostro obiettivo è avere due terzi di rinnovabili e un terzo di fossile, facendo in mondo che questo terzo sia solo gas, che tra tutte le fonti fossili è la meno inquinante. Vogliamo creare oltre 80 GW di solare, oltre 28 GW di eolico, 19.4 di idro, 3.2 da bioenergie 1 GW, ma possibilmente di più, di geotermico. Avremo gli accumuli per solare ed eolico e in prospettiva avremo l’Idrogeno, che verrò anche prodotto in Africa…".
E il nucleare.
"La domanda di energia è in continua crescita. Al 2050 stimiamo una domanda di energia
elettrica di 680 terawatt, appena più del doppio di oggi. E mi chiedo se non abbiamo fatto una sottostima. Questo vuol dire che fotovoltaico ed eolico da soli non bastano, anche perché noi siamo un paese dal paesaggio da tutelare assolutamente, e quindi non possiamo avere pannelli o pale ovunque. Per questo ho previsto nel Pniec, che nel prossimo decennio ci sia una quota di energia prodotta da piccoli reattori nucleari di nuova generazione, i cosiddetti Small modular reactor".
Avete già idea di che tipo di Smr sceglierete? Reattori veloci raffreddati a piombo fuso?
"L’Italia sta partecipando a diverse sperimentazioni, l’Italia ha mantenuto un expertise notevole e questo ci può portare a creare una filiera Smr italiana. Con cervelli e capitale, possiamo far sviluppare in Italia una industria manifatturiera nucleare. Sul tipo di Smr, non è oggi che si fa la scelta. Dobbiamo creare un quadro giuridico adeguato e poi al momento opportuno si faranno le scelte. Ho incaricato un gruppo di lavoro guidato da Giovanni Guzzetta di creare una
proposta di legge delega e credo per fine anno di poterla presentare in Parlamento, così che
questo la possa licenziare nel 2025. Per creare un quadro giuridico per il ritorno al nucleare, dovremo anche ricreare l’authority. E noi faremo tutto quello che è necessario perché quando il nuovo Smr sarà pronto, che spero sia in gran parte un prodotto italiano, dobbiamo poter dare il via libera ai nuovi impianti nucleari, e che in quanto tali non emettono Co2. Anche questa è decarbonizzazione".
Ministro, le domande di installazione di nuovi impianti rinnovabili sono ridondanti, non ci sono problemi su questo fronte. Non lo stesso si può dire per gli iter autorizzativi. In particolare in alcune regioni. Cosa intende fare?
"Io credo che da parte degli amministratori regionali ci sia coscienza della necessità di trovare un punto di equilibrio, di mediazione. Non possiamo dire che vogliamo l’energia pulita, avere benefici anche occupazionali, e poi tenerci le centrali a carbone. Certo, noi dobbiamo stare attenti a tutelare il territorio, evitare che ci siano distese di fotovoltaico e una proliferazione eccessiva di impianti eolici. Ma dobbiamo anche renderci conto che dobbiamo comunque produrre energia pulita con fotovoltaico ed eolico. Confido che le regioni approvino leggi equilibrate e magari che sia possibile evitare che vi siano venti normative differenziate".