La competitività delle imprese italiane si gioca anche nello scacchiere europeo dell’energia e delle regole decise da Bruxelles sul fronte della transizione green e della salvaguardia dell’ambiente a partire dalle emissioni. Una sfida che riguarda anche due sistemi, il Cbam e l’Ets introdotti e/o rivisti l’anno scorso. Meccanismi che però presentano problemi strutturali e di applicazione che possono rappresentare un freno alla competitività delle Pmi italiane. Ma quali sono gli ambiti regolamentari e i loro effetti sulle aziende che riguardano questi due sistemi? A spiegarlo, sottolineandone le criticità, è il rapporto di previsione autunno 2024 di Confindustria focalizzato su ’I nodi della competitività. La crescita dell’Italia fra tensioni globali, tassi e Pnrr’.
Come spiega il report, a maggio 2023 l’Unione europea ha introdotto il meccanismo Cbam (Carbon border adjustment mechanism) per l’applicazione di un prezzo per le emissioni incorporate in alcuni prodotti importati dai Paesi extra-UE e ha rivisto e ampliato il sistema Ets (Emission trading system) per lo scambio di quote di emissioni all’interno della Ue, istituito nel 2003 ed entrato in vigore nel 2005. L’Ets copre settori ad alta intensità di carbonio come l’energia, l’industria pesante, l’aviazione, il trasporto marittimo e – in un meccanismo separato, l’Ets 2 – il riscaldamento dei comparti residenziale e terziario, il trasporto su strada e le imprese manifatturiere non già incluse nel meccanismo principale. Il sistema è concepito per incentivare le imprese a investire in tecnologie più pulite e ridurre le loro emissioni, ma può anche comportare costi significativi per le aziende, specialmente in assenza di misure di compensazione efficaci.
Ets e Cbam, nelle intenzioni dei legislatori europei, sono strumenti coordinati finalizzati a ridurre le emissioni attraverso una tariffazione armonizzata delle emissioni stesse e a preservare la competitività del sistema produttivo europeo rispetto ai concorrenti extra-Ue. Anche per contrastare fenomeni di carbon leakage: il rischio che le attività produttive vengano trasferite fuori dall’Ue e/o che le importazioni di prodotti ad alta impronta carbonica finiscano per sostituire la produzione interna, vanificando così l’efficacia globale delle politiche ambientali. Tuttavia, a fronte di questi obiettivi, sottolinea il rapporto di Confindustria, il meccanismo Ue presenta diverse criticità relative a tempi, costi, effetti distorsivi, incertezza normativa; inoltre, la sua applicazione è frammentata tra gli stati membri e richiede una forte cooperazione internazionale, anche extra-Ue.
Tali criticità devono essere monitorate durante il periodo di transizione per evitare conseguenze negative gravi sulla competitività dell’industria europea. Dal 2026 il Cbam imporrà invece una tassa sul carbonio alle importazioni di un gruppo di prodotti ad alta intensità di emissioni, quali ghisa, ferro, acciaio, alluminio, cemento, fertilizzanti, elettricità e idrogeno provenienti dai Paesi extra-Ue. Durante il corrente periodo transitorio, dal primo ottobre 2023 al 31 dicembre 2025, gli obblighi dell’importatore sono limitati alla comunicazione alla Commissione. Il Cbam mira a garantire un prezzo del carbonio equivalente per le importazioni e per i prodotti interni. Si applicherà inizialmente solo alle emissioni dirette e in seguito anche alle emissioni indirette, cioè quelle derivanti dalla produzione di energia elettrica utilizzata per produrre le merci. Uno scenario che vede più esposte le imprese italiane.
L’Italia infatti è, tra i principali Paesi manifatturieri europei, quello con una esposizione maggiore, pari al 7,5% delle importazioni totali. In più la normativa presenta problemi di applicazione soprattutto per le Pmi. Per questo, conclude il rapporto di Confindustria, occorre ridurre l’onere amministrativo a carico delle imprese, soprattutto per le Pmi, semplificando il processo di monitoraggio e reporting, attraverso l’introduzione di standard comuni e soluzioni IT, per quanto riguarda il calcolo delle emissioni di carbonio. In generale, infine, devono essere rafforzati, armonizzati e semplificati gli strumenti europei per favorire la decarbonizzazione, attraverso il coordinamento delle diverse azioni di policy, con un orizzonte di lungo termine (in linea con i tempi degli investimenti nelle industrie ad alte emissioni). In particolare, occorre rafforzare gli incentivi agli investimenti in energie rinnovabili, quindi a basse emissioni, per sostenere l’industria al fine di rendere conciliabile la decarbonizzazione e la reindustrializzazione.