di Elena Comelli
Tempi duri per lo sviluppo sostenibile. Lo dice il Rapporto annuale dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile, in cui si fa il punto sui progressi (e regressi) verso i 17 obiettivi dell’Agenda Onu 2030, grazie alla competenza di quasi mille esperti delle organizzazioni aderenti all’Alleanza. E lo ribadisce l’economista Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’Alleanza.
Dal rapporto emerge che la strada verso gli obiettivi dell’Agenda 2030 è ancora lunga, eppure mancano solo sei anni alla scadenza...
"Sì, siamo ancora lontani e su alcuni obiettivi c’è addirittura un regresso. La povertà estrema, ad esempio, per la prima volta ha ripreso a crescere invece di calare, per gli effetti della pandemia e dell’aggressione all’Ucraina, con la conseguente crisi energetica e l’aumento dell’inflazione. Quindi sul piano globale la situazione va nella direzione opposta rispetto allo sviluppo sostenibile. A maggior ragione è importante il Patto sul Futuro, che i leader dei Paesi dell’Onu hanno firmato a settembre, in cui non solo si riaffermano gli obiettivi di sviluppo sostenibile, ma si prova a rilanciare sul tema della cooperazione multilaterale, perché è evidente che non c’è sostenibilità senza cooperazione".
Qual è la fotografia a livello europeo?
"L’Europa resta l’area più sostenibile al mondo, ma anch’essa non è su un sentiero coerente di sviluppo sostenibile. Qui c’è tutto il tema degli orientamenti politici su cui von der Leyen ha ricevuto l’investitura finora, che vanno poi tradotti in azioni concrete e sappiamo che le forze politiche europee hanno punti di vista diversi su alcuni aspetti. La novità importante di questi giorni è che il Consiglio europeo, nel preparare le negoziazione per la Cop29 che si apre in questi giorni a Baku, ha ribadito la massima ambizione sulla riduzione delle emissioni al 55% entro il 2030 e sulla neutralità carbonica al 2050. E’ il primo atto del Consiglio con la nuova legislatura e quindi si sta andando nella direzione di confermare il Green Deal e gli impegni correlati".
Resta però il problema di reperire le risorse. Cosa fare?
"La risposta potrebbe essere la creazione di un nuovo Next Generation Eu con debito comune o l’aumento del bilancio dell’Unione europea, per far sì che l’Europa non sia solo un soggetto regolatore, ma anche finanziatore della transizione ecologica. E su questo sappiamo che le forze politiche della maggioranza di governo italiana hanno idee abbastanza diverse".
In Italia come procede?
"Nel nostro rapporto abbiamo inserito un’agenda delle azioni legate alle decisioni europee che l’Italia dovrebbe intraprendere nei prossimi due anni. Ricordiamo che ogni Paese deve adottare una serie di azioni a seguito di quello che è già stato deciso e poi c’è tutto il nuovo programma della Commissione europea, che verrà messo in pratica nei prossimi mesi. Un esempio è il fatto che con il nuovo regolamento sul ripristino della natura, entro il 2026 i vari governi devono presentare un piano. Un’ottima opportunità che andrebbe colta subito, perché così si lega agli interventi sulla tutela del territorio, sulla lotta al dissesto idrogeologico, che proprio in questi giorni si rivelano urgenti".
Per ora, però, il giudizio del rapporto sui progressi dell’Italia è molto negativo...
"Gli indicatori statistici più aggiornati descrivono con chiarezza il drammatico ritardo dell’Italia su tutti i 17 obiettivi. Tra il 2010 e il 2023 si riscontrano peggioramenti per cinque obiettivi: 1 (povertà), 10 (disuguaglianze), 15 (ecosistemi terrestri), 16 (governance) e 17 (partnership). E anche sugli obiettivi in cui si riscontra un progresso, si tratta di miglioramenti contenuti. Insomma, siamo di fronte a un disastro annunciato. Questa situazione dovrebbe far raccogliere attorno all’Agenda 2030 tutte le forze politiche, economiche e sociali del Paese".
E invece?
"Invece, purtroppo, così non è: nonostante il sostegno della cittadinanza a queste tematiche e gli impegni assunti dal governo italiano, l’attuazione dell’Agenda 2030 non appare centrale nel disegno delle politiche, visto che gli interventi adottati negli ultimi due anni non solo non sono in grado di produrre il cambio di passo necessario, ma diversi di essi sono andati in contrasto".