Un porto strategico per merci ed energia, punto di snodo centrale dei movimenti sia dei materiali sia del gas ma banco di prova anche della possibilità di affrontare il tema dell’inquinamento interrando la CO2 nei giacimenti che contenevano gas. Dal 2009 a oggi il porto di Ravenna è cresciuto più della media degli altri porti italiani, mostra anche una maggiore resilienza post Covid e i dati complessivi del 2023 lo collocano al sesto posto in Italia mentre occupa la prima piazza per le rinfuse solide e le merci varie.
Ma con i lavori di approfondimento dei fondali a 12,50 e poi 14,50 "lo scalo ravennate – come spiega Daniele Rossi, presidente dell’Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico centro settentrionale – sarà a posto per i prossimi 2mila anni". In tutto l’approfondimento dei fondali sino a -14,5 metri, la realizzazione di nuove banchine e ristrutturazione di quelle esistenti per circa 6,5 chilometri per container e terminal multipurpose, l’impianto di trattamento del materiale di escavo e l’urbanizzazione di aree per oltre 240 ettari costerà 460 milioni. Un porto, dunque, quello di Ravenna che si attrezza per le sfide future sia con la possibilità di accogliere navi sempre più grandi sia affiancando la sua natura di porto industriale a quella di hub energetico con da una parte il rigassificatore ma dall’altro l’imponente sfida dell’eolico a mare come previsto dal progetto Agnes, un investimento del valore di un miliardo che vede coinvolte la Saipem e la ravennate Qint’x.
Si avvicina, infatti, la realizzazione del più grande parco eolico italiano al largo di Ravenna che potrebbe essere pronto entro il 2027. A questo punto, tutto dipende dall’esito delle aste per le concessioni governative, la prima delle quali potrebbe già esserci a fine 2024 (o più probabilmente nel 2025). Intanto, il progetto Agnes, ha incassato il via libera della Valutazione di impatto ambientale e, una volta ottenuta l’Autorizzazione unica, l’iter procedurale sarà completato.
L’hub Agnes è composto da due impianti eolici offshore di capacità complessiva pari a 600 MW e un impianto fotovoltaico galleggiante di capacità complessiva pari a100 MW più un sistema di accumulo di energia della capacità di 50 MW. Tornando al rigassificatore, la nave Fsru BW Singapore entrerà in esercizio al largo di Punta Marina entro il primo trimestre del 2025; a febbraio 2024 è iniziato lo smantellamento della piattaforma Petra, fase alla quale ha fatto seguito, da metà maggio, l’installazione delle strutture della nuova piattaforma di ormeggio completata nei giorni scorsi; la fine di tutti i lavori preparatori è prevista per il prossimo mese di dicembre.
Attualmente lo stato di avanzamento dei lavori è che le opere a terra sono quasi completate e quelle a mare lo sono al 75%. L’investimento è di poco superiore a un miliardo di euro e 25 milioni arriveranno da Snam alla città di Ravenna sotto forma di compensazioni e mitigazioni. C’è poi il progetto di cattura e stoccaggio della CO2 ’Ravenna CCS’ (joint venture tra Eni e Sanm): l’attuale fase 1 ha l’obiettivo di catturare, trasportare e stoccare la CO2 emessa dalla centrale Eni di trattamento del gas naturale di Casalborsetti in misura pari circa 25 mila tonnellate per anno. Nei prossimi anni, in corrispondenza della Fase 2 (e previa conclusione positiva dell’iter autorizzativo) è in progetto lo sviluppo su scala industriale, per consentire alle industrie hard to abate di intombare la loro CO2.
Lo stoccaggio offshore potrebbe aumentare fino a 4 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030, per poi salire fino 16 milioni di tonnellate all’anno in base alla domanda del mercato.
Giorgio Costa