Mercoledì 20 Novembre 2024

Liberté, égalité e... tanta électricité. La Francia nucleare

La Francia esporta record di elettricità grazie al nucleare, ma rallenta sulle rinnovabili. Sfide climatiche e sostenibilità in discussione.

Liberté, égalité e... tanta électricité. La Francia nucleare

Una centrale nucleare dell’Edf, il colosso energetico francese Sotto il presidente della Repubblica Emmanuel Macron in visita ad uno dei numerosi impianti nucleari presenti nel Paese

di Daniel Peyronel

PARIGI

La Francia non ha mai esportato così tanta elettricità come nel primo semestre di quest’anno: 42 TWh, 29 in più rispetto all’anno precedente, cifra pari al consumo annuale di una regione come l’Emilia-Romagna. Il paese potrebbe battere il proprio record entro la fine dell’anno, ha dichiarato Marc Benayoun, uno dei direttori esecutivi di Edf, il colosso energetico francese. Una sovrapproduzione, unita alla bassa intensità di CO2 del mix elettrico francese, che suscita ammirazione al punto da essere considerato un modello. Secondo Philippe Quirion, ricercatore al Centro nazionale di ricerca scientifica (CNRS) in economia dell’energia, gli ingredienti principali della ricetta francese sono tre: il nucleare, la produzione idroelettrica e un calo del consumo domestico.

Con 56 reattori attivi, la Francia è la seconda potenza nucleare civile dopo gli Stati Uniti, a pari merito con la Cina. Lo shock petrolifero del 1973 ha accelerato il programma nucleare francese e la maggior parte delle centrali sono state costruite nell’arco di 25 anni, fino agli inizi del 2000. Nel 2011 l’incidente di Fukushima scuote l’opinione pubblica e l’ex-presidente François Hollande promette di chiudere la centrale di Fessenheim e di ridurre la percentuale di energia nucleare nel mix elettrico, dal 75% al 50% entro il 2025. Una scelta dovuta anche ad altri fattori.

"Il consumo elettrico è rimasto stabile negli ultimi dieci anni e i francesi hanno deciso di progettare dei reattori più potenti, risultati più costosi e complessi", spiega Philippe Quirion. La prova è il reattore di nuova generazione di Flamanville (Normandia) che dovrebbe entrare in funzione entro la fine dell’anno. Costato 13,2 miliardi di euro, 10 in più del previsto, fornirà 1.600 MWe di elettricità, quasi il doppio rispetto alla maggior parte dei reattori attuali.

Il nucleare gode di un sostegno quasi unanime nella classe politica francese. Solo il partito ecologista è apertamente schierato contro, mentre dall’estrema destra al partito comunista, tutti considerano, con più o meno entusiasmo, questa fonte di energia una risorsa per la sovranità energetica del paese e nella lotta contro il cambiamento climatico. Nel 2022 Emmanuel Macron ha annunciato un investimento di un miliardo di euro nello sviluppo di reattori più piccoli, gli small modular reactors. "Una tecnologia interessante - secondo Philippe Quirion - per dei paesi con delle reti elettriche piccole, ma non in Francia, dove l’economia di scala dei reattori di grandi dimensioni è più conveniente".

Grazie al nucleare, la Francia dispone della rete elettrica più sostenibile dal punto di vista delle emissioni di gas serra dopo la Svezia e la Finlandia. Un primato che ha in parte rallentato gli investimenti nelle altre fonti rinnovabili. Nel 2020 la Francia è stata l’unico paese dell’Unione europea a non aver raggiunto l’obiettivo di energia rinnovabile del 23%, fissato dalla Commissione nel 2005. "Siamo in ritardo soprattutto nell’eolico terrestre e nel fotovoltaico. Nei progetti eolici offshore, invece, c’è un sostegno politico e un settore industriale in crescita", dice il ricercatore. Anche l’idroelettrico è ben radicato con 425 centrali, i cui costi sono ormai in gran parte ammortizzati. Lo sviluppo delle energie rinnovabili è però troppo lento: i nuovi reattori nucleari non entreranno in funzione prima del 2037 e nel frattempo gli impianti più vecchi diventeranno obsoleti. Inoltre, l’aumento del consumo previsto dal gestore della rete francese RTE, legato all’installazione delle pompe a calore, l’aumento dei veicoli elettrici e della climatizzazione estiva, aumentano la pressione sulla rete elettrica, già esposta alle nuove condizioni climatiche.

Il rischio principale, oltre agli eventi estremi, è la siccità. Non solo perché i bacini che alimentano le centrali idroelettriche rischiano di non riempirsi completamente, ma anche perché i fiumi sono fondamentali per raffreddare le centrali nucleari: "la temperatura dei corsi d’acqua aumenterà e il flusso diminuirà d’estate. Questo rende più difficile il raffreddamento dei circuiti".