Estrazioni di gas ovunque si trovino giacimenti. Rilancio del nucleare e persino del carbone. Fra 60 giorni la politica energetica di Donald Trump avrà un nuovo zar intenzionato a fare uscire gli Usa dall’accordo di Parigi e pronto a promuovere una legislazione americana per il lungo periodo che rinnegherà il presente e tornerà a puntare o a tollerare una selvaggia deregulation. Nel programma elettorale di Donald, la tutela dell’ambiente è un optional di secondo livello, che lo ha portato ad una vittoria sorprendente, rafforzata da un voto popolare con 5 milioni di voti in più rispetto alla Harris.
Il suo slogan è "l’America tornerà all’età dell’oro" anche con l’esportazione di petrolio ed energia a prezzi competitivi persino rispetto ai gasdotti di Putin. Nelle sue valutazioni altalenanti, a differenza di Biden, Donald Trump continua a puntare su petrolio e fossili per ridurre i costi per le famiglie e in questo quadro vuole mettere fine ai programmi di incentivi per i veicoli elettrici. Anche se a Mar- a-Lago in questi giorni, come consigliere fisso e ospite ingombrante, si ritrova Elon Musk che non condivide il principio di astinenza per le sue Tesla che sta dietro il motto "l’energia pulita è solo una fissazione elitista".
In altre parole se il prezzo ’conviene’ potremmo assistere alla continuazione dello sviluppo dell’eolico ma anche ad una rivitalizzazione dell’estrazione del carbone, soprattutto al progressivo svuotamento dell’EPA, l’agenzia che vigila sulle normative ambientali e cerca di ostacolare il ritorno al passato inquinante. Gruppi di ambientalisti si preparano a combattere la drastica riduzione di queste regole a favore dell’ambiente ma tanti ritengono che con una struttura di potere che oltre alla Casa Bianca comprende anche il controllo di Camera e Senato, Trump intenda bloccare i programmi o cambiarne gli obiettivi per la riduzione dei gas serra, che però non sono solo un problema americano ma globale e vedono anche la Cina e l’India sull’altro fronte e col freno a mano tirato.
Nel suo primo mandato, Trump aveva tentato di annullare almeno 100 normative ma ha spesso incontrato i muri legali degli ambientalisti che nel 57% dei casi sono riusciti a fermare i suoi intenti. Oggi si preparano a tornare nuovamente alla carica. Appena insediato Donald Trump sostituirà l’attuale direttore dell’EPA con Lee Zeldin, un ex deputato repubblicano di Long Island che aveva sfidato senza successo anche la governatrice dello stato di New York. Zeldin sposa in pieno la politica di Trump sulla Environmental Protection Agency che guiderà da gennaio, anche se la sua Long Island trumpiana è adesso al centro di progetti sia eolici che nucleari che sottostanno ancora ai nuovi parametri ambientali fissati come obiettivi anche da Parigi e dalle Nazioni Unite.
Attualmente gli Usa producono 13,2 barili di petrolio al giorno per diventare 13,7 milioni nel 2025. Questo non è ancora sufficiente a coprire l’intero fabbisogno nazionale che si aggira sui 20 milioni di barili quotidiani che però vengono integrati con altre fonti di energia come il gas liquefatto che gode di un forte flusso anche di esportazioni. Trump non ha ancora dichiarato di voler bloccare le importazioni di petrolio nel suo secondo mandato anche perché questo potrebbe andare ad intaccare gli equilibri nei paesi Opec o le relazioni col Canada o il Messico che godono di immense riserve petrolifere. Ma nella lista dei fornitori, nonostante le divergenze col regime di Maduro, ci sono anche il Venezuela e la stessa Nigeria, mentre l’Arabia Saudita che rimane il più forte produttore mondiale manterrà sempre con Trump un rapporto privilegiato.
Sulla svolta del ’meno elettrico’ il super consigliere Musk non è ancora intervenuto a gamba tesa, anche se sono a rischio le sue auto prodotte in Cina e nei nuovi stabilimenti sparsi per il mondo, che diventeranno vittime di superdazi. Una situazione potrebbe portare ad uno scontro tra i due. Con la grinta manifestata attraverso i dazi e i prezzi del gas russo che arriva in Europa, potrebbe essere proprio l’America, una volta assicurato il suo fabbisogno, a diventare il nuovo esportatore anti russo nel vecchio continente e questo è un discorso avanzato molto legato allo sviluppo della guerra in Ucraina sulla quale l’Europa mantiene per il momento una posizione non ondivaga con Mosca e quindi determinata a rafforzare la Nato anche nella seconda era Trump.