Lo scenario è d’impatto: 500 metri quadrati di lattuga, cespi talmente perfetti da sembrare finti. Ma l’insalata non ha solo bella forma e colore vivo: ha gusto, apporto nutritivo e cresce senza antiparassitari. È uno dei prodotti-gioiello della ’CB Molisani’, azienda fondata dall’agricoltore ("preferisco contadino") Pasqualino Fierro, 45 anni e da Pasquale Felice, agrichef, dieci primavere in più del suo socio. Si sono messi insieme nel 2021, sposando l’idroponica, cioè la coltivazione in acqua anziché nel terreno.
Attività che svolgono a Vinchiaturo, poco più di 3000 abitanti, 620 metri di altitudine, in provincia di Campobasso. In sette serre (tre sono a Fossalto, poco lontano) producono fragole, lamponi, ribes, more, mirtilli e fiori commestibili. "Da noi comanda la natura – sottolinea con fierezza Pasqualino Fierro – Frutta e ortaggi crescono grazie all’acqua, che arriva direttamente dalla sorgente e viene riciclata tramite una pompa. Aggiungiamo solo sali minerali di origine vegetale, in modo che il prodotto resti salutare al cento per cento. Le piantine sono sistemate in ’zattere’ adagiate sull’acqua: una parte evapora diventando ossigeno. Massimo trenta giorni e raccogliamo, mentre a terra ce ne vogliono cento. La coltivazione è continua, 365 giorni l’anno". Questo consente di mangiare fragole a gennaio e verdure invernali ad agosto, evitando di cibarsi di prodotti arrivati da chissà dove.
Le insalate coltivate fuori suolo, dicono gli esperti, sono dieci volte più nutrienti rispetto alle tradizionali, poiché le sostanze non vanno disperse in terra, ma tramite l’acqua vengono interamente assorbite dalla pianta.
I due amici all’inizio rifornivano ristoranti e negozi della zona, ma ora sono entrati nella grande distribuzione grazie a Conad Adriatico (presente in Molise, Puglia, Marche e Abruzzo). "Vendiamo sia la busta, dove l’insalata si mantiene per due settimane, sia il cespo con la radice. I prezzi? Costa meno di quella coltivata a terra. La clientela ci premia, tanto che per soddisfare la grande richiesta – annuncia Fierro – a brevissimo installeremo altre 19 serre".
Ecco, la serra rappresenta l’investimento più alto che richiede l’idroponica: centomila euro il costo per 500 metri quadri, il 70 per cento in più di una serra ’normale’. "Dopo però le spese sono minime rispetto a quelle che si hanno con la coltivazione tradizionale. "Perché le serre non sono riscaldate e non ci sono lampadine led: basta la luce naturale – spiega Fierro –. Poi zero spese per gli antiparassitari perché, a differenza della terra, qui non ci sono virus né batteri. Nessun costo per trattori o macchinari e di conseguenza niente spesa per il gasolio. Infine, ma non certo per importanza, il risparmio dell’acqua, su cui si basa tutta la nostra attività. Rispetto alla coltivazione tradizionale noi ne utilizziamo il 90 per cento in meno". Un altro discorso a parte lo merita la manodopera. "Ne serve poca e il lavoro fisico è minimo perché non si zappa e si raccoglie stando in piedi".
Ma ci sarà ben qualcosa di negativo nel praticare l’idroponica... "Devi sempre stare sul pezzo, tutti i giorni, controllare con le sonde i parametri dell’acqua, mentre su terra una volta che hai seminato e concimato devi solo aspettare di raccogliere".