LUCCA
Il distretto cartario della Lucchesia, si appresta a intraprendere nuove sfide, sia dal punto di vista dell’innovazione che per quanto riguarda l’ambito dedicato alla sostenibilità ambientale.
In mezzo, però, vi è l’instabilità dei mercati, soggetti, com’è noto, a oscillazioni che derivano anche dall’assetto geopolitico. Della situazione attuale e delle prospettive industriali del comparto, abbiamo parlato con il professor Nicola Lattanzi, professore ordinario di Management e Strategia presso la Scuola IMT Alti Studi di Lucca, dove insegna Strategia aziendale e Gestione dei sistemi complessi.
Che cosa rappresenta per il tessuto economico il distretto cartario di Lucca?
"I numeri sono eloquenti, oltre 350 aziende e diecimila dipendenti con un fatturato di più di cinque miliardi di euro, con l’export che vale tra il 30 e il 40 per cento del volume, una parte considerevole del Pil della Toscana e Lucca, da questo punto di vista, ha un ruolo fondamentale. La carta tissue, si porta dietro tecnologia, è valore distintivo ed è fondamentale per l’economia mondiale. La particolarità è data, inoltre, dalle aziende familiari che qui operano, una dimensione che si trova al cospetto con l’economia mondiale".
Sono tante le sfide in essere, da quella dei mercati passando alle guerre in corso e dai mutamenti globali: c’è da temere per il futuro?
"Molto. Non certo per la capacità delle imprese ma perché viviamo un grande disorientamento; non bisogna banalizzare rispetto alla rivoluzione tecnologica e poi bisogna dire che lo scenario geopolitico è inquietante. Occorre investire in formazione perché tra cinque anni l’industria cartaria avrà bisogno di figure ancora più altamente formate e specializzate, c’è necessità di nuovi strumenti; guardo invece con minor preoccupazione la capacità da parte delle aziende: si può duire che lo scenario intervalla il sole alla tempesta".
L’industria cartaria, a Lucca trova la sua culla: qual è stato l’intuito di sessant’anni fa e quali sono le scelte da fare oggi?
"Vi è un aspetto legato alla città, nel senso proprio della conformazione, a partire dalle Mura che hanno rappresentato protezione, che sono tutt’oggi limite e forza; in lucchesia è stato protetto il valore e un certo modo di fare che ha posto attenzione alle risorse, un nocciolo duro di idee: e poi la storia, importante, dello sviluppo; l’intuizione è da sempre legata all’intuizione degli imprenditori che hanno saputo proteggere ma anche valorizzare. Oggi occorre mantenere le radici locali con occhio ben attento alla ramificazione internazionale, e sono dell’idea che non bisogna rinunciare alle proprie radici".
L’industria cartaria è energivora per definizione: diciamo sì alla decarbonizzazione, ma come farla?
"La sostenibilità è la punta dell’iceberg della produzione di energia elettrica: quindi o l’innovazione sarà in grado di governare questo processo oppure costituirà un problema; vorrei sottolineare come una delle fonti di consumo sia rappresentata dai cloud: occorre capire se per ottenere maggiore tecnologia i cloud diventano a loro volta consumatori per eccellenza di energia stessa, ma il sistema che ne controlla l’utilizzo non può costare di più rispetto a ciò che fa funzionare".
Quali saranno le sfide dell’industria cartaria futura?
"Qualunque strategia dell’industria cartaria dovrà aderire necessariamente ad uno sviluppo che sia contemporaneamente di carattere economico e sociale; noi siamo un Paese in cui le idee e le soluzioni devono andare di pari passo, l’industria sicuramente ha queste capacità".
Ultimo, ma non meno importante, è il fronte della burocrazia: spesso gli industriali della carta accusano normative ipertrofiche, cosa ne pensa?
"Partiamo dal concetto che bisogna voler bene al rischio economico; chi sostiene che il rischio è solo degli imprenditori sbaglia perché se tutti i soggetti non vogliono bene al rischio economico significa che non hanno a cuore l’intera comunità. Faccio un esempio: se passa il concetto che è più importante l’amministrazione dell’amministrato, si commette un errore; la burocrazia è un impianto che occorre ma, spesso, abbiamo a che fare anche con una burocrazia che ha sembianze ideologiche. Basterebbe osservare meglio i dati che le ho riferito all’inizio, agli occupati, all’indotto: ne deduciamo che anche le norme dovrebbero sapere fronteggiare tutto questo".