"Teatro vuol dire confronto immediato. Non è come la radio, dove non vedi il pubblico, la reazione che hanno. In teatro, invece, quello è. Se la gente non ride, non ride". E lo dice un ambasciatore della comicità romagnola, Giuseppe Giacobazzi, al secolo Andrea Giuseppe Sasdelli. Da più di vent’anni fa segnare il tutto-esaurito ai teatri in cui porta i mille volti e colori delle vite ‘ordinarie’ che interpreta. Gli appuntamenti con il comico a Bologna (al Celebrazioni), a Ferrara, Forlì e Modena trasformeranno i teatri nell’Osteria Giacobazzi (titolo dello spettacolo): tavoli imbanditi, vino e vettovaglie serviti durante lo show ad alcuni ospiti che sono seduti sul palco.
Giacobazzi, a lei piace l’aspetto del confronto immediato a teatro?
"Io ho sempre amato fare teatro. Ti offre continuamente spunti nuovi".
Come sta il teatro oggi?
"Dopo la pandemia ha avuto un’impennata straordinaria di presenze. La gente proprio non ne aveva voglia di stare in casa - per fortuna! - e si gode tutti gli spettacoli che può, questa è una cosa positivissima. I teatri stessi, ringalluzziti dal fatto che arrivano più spettatori, hanno dei cartelloni sempre più ricchi, più interessanti. Che dire? È una catena che fa bene".
La distanza dal teatro ha sortito anche qualche effetto positivo…
"Dopo la latitanza di pubblico che ha dovuto scontare, forse perché molte persone lo ritenevano un posto elitario, il teatro si è ripreso. Lentamente abbiamo scoperto che è un posto di cultura e di conoscenze, dove condividere lezioni. Ci sono tanti spettacoli, un pregio che il telefonino non ha...".
Nella sua carriera ha attraversato la radio, la televisione, il cinema e il teatro. Quest’ultimo che ruolo ha rivestito?
"È sempre stata la mia ‘fissa’, quella di fare teatro. Volevo portare sul palcoscenico qualcosa che non fosse già stato visto. Per questo ogni due anni scrivo uno spettacolo nuovo e sono riuscito ad affermare una certa credibilità (sempre accompagnata dalla leggerezza)".
Ha ‘rinnovato’ anche il suo ‘Osteria Giacobazzi’…
"In Osteria Giacobazzi sono anche un po’ il conduttore del format, che è una rivisitazione dell’atmosfera delle osterie di fine anni Settanta, inizio anni Ottanta. Quando Bologna era veramente quella ‘grassa’, si poteva stare fuori fino a tardi a fare asinate senza problemi. Riproponiamo quell’ambiente a teatro. Ci sarà gente che mangia e beve sul palco e tanti ospiti, non soltanto comici, anche musicali e letterari".
Racconta un po’ la Bologna dei biasanot (ovvero chi ‘masticava la notte’, stava sveglio fino a tardi)?
"Sì, una Bologna che io ho amato in maniera viscerale e che non tornerà più, perché ogni periodo ha le sue cose belle ed è giusto che siano ricordate. Ma è cambiato tutto: il modo di comunicare, di stare insieme. Ci sono molte più regole. E non è un male, se pensiamo che una volta si fumava nei treni…".
Ha trascorso l’infanzia nella campagna lughese, sua mamma è originaria di Bagno di Romagna. Che effetto le fa vedere le immagini dell’alluvione di qualche giorno fa che ha colpito di nuovo quei territori?
"Una grande rabbia mista a impotenza perché evidentemente è qualcosa che non si riesce a frenare. È triste, io ho molti amici e parenti in quelle zone; a Traversara, che è stata colpita in maniera mostruosa. Ho parecchi ricordi legati a quei luoghi, io e Duilio Pizzocchi ci andavamo spesso per il Costipanzo Show".
Nel corso della stagione teatrale andrà anche nei luoghi alluvionati, con che spirito affronta queste date?
"Sul palco sono un comico, ho quel compito e lo devo portare fino alla fine. Come quando stai poco bene o hai un grosso problema familiare… vai sul palco lo stesso. Ci sono i pro e i contro, come in ogni mestiere".