Da un Cenacolo all’altro: da quello di Andy Warhol, ispirato all’Ultima cena di Leonardo, a quello più intimista ed enigmatico di Alessandro Pomi. Nel mezzo, una sessantina di opere d’arte del Novecento, tutte provenienti dalle collezioni di Crédit Agricole Italia: capolavori della pittura, della scultura e del design, esposti all’interno della mostra Da Arturo Martini ad Andy Warhol, allestita a Milano, dentro Palazzo delle Stelline. Un ’Grand tour’ attraverso diverse esperienze artistiche del ’secolo breve’, aperto al pubblico da domani al 14 dicembre e presentata ieri da Giampiero Maioli, ad di Crédit Agricole Italia e Senior Country Officer, e dal presidente Ariberto Fassati.
"Con questa mostra Crédit Agricole espone una selezione di opere della propria collezione – racconta Fassati –. Un patrimonio artistico di oltre 4.400 tra quadri, sculture, stampe e disegni, che è stato costituito dalle nove banche regionali che abbiamo acquisito negli anni". Esposti a Palazzo delle Stelline ci sono capolavori di Arturo Martini, Max Ernst, Giuseppe Terragni, Victor Brauner, Renato Guttuso e molti altri artisti tra i più innovativi del Novecento. Tra tutte, la più famosa e importante è indubbiamente The last supper di Andy Warhol, che il re della pop-art ha concepito nel 1987 proprio in occasione dell’inaugurazione della Galleria Crédit Agricole - Refettorio delle Stelline, uno spazio espositivo all’interno di un complesso architettonico eretto nel Seicento su un antico monastero benedettino.
È la prima volta che questo palazzo di borromaica memoria, oggi sede di Crédit Agricole Italia, ospita le opere più significative provenienti dalle collezioni della banca. La scelta di questo spazio omogeneo e minimale è del tutto strategica: "Non è solo un palazzo storico di incredibile bellezza, un monumento importante della città di Milano – spiega il presidente – ma è anche vicino al Cenacolo di Leonardo, e qui ci sono tre quadri che si riferiscono all’Ultima cena, molto diversi tra loro ma ognuno con un significato particolare".
E proprio questa estrema diversità è una delle caratteristiche della mostra: qui ci sono opere di diverse correnti, dal surrealismo all’azionismo viennese, dall’astrattismo alla pop-art. Sono raggruppate secondo un ordine non cronologico, ma di tematica. "È un tipo di allestimento modernissimo: è una mostra fatta di relazioni tra le opere", racconta il critico d’arte Marco Meneguzzo. E allora una grande tela neorealista come Le nozze di Cana di un semi-sconosciuto Augusto Colombo si trova vicino a una sindone di dolore a firma di Hermann Nitsch, un grande esponente dell’azionismo viennese, perché richiamano entrambe il tema del sacro fra corpo e sangue. E le sfere biodegradabili ed ecologiste di Filippo Panseca sono accostate alle trame tissutali seriali di Nane Zavagno, perché accomunate dal desiderio di liberare l’opera d’arte dalla planarità di tela e cornice.
Molti di questi capolavori sono realizzati da artisti di fama nazionale e internazionale, ma molti altri sono creazione di autori noti per lo più in ambito locale. "È una mostra inusuale – spiega Meneguzzo – potrebbe essere per iper-specialisti o per un pubblico assolutamente ignaro". Questa scelta di valorizzare artisti minori è un modo per incuriosire gli spettattori e per dare notorietà a figure che, se non vengono portate all’attenzione di tutti, rimarranno per sempre nell’ombra, sconosciute a chiunque fuorché agli specialisti. "Questa è una mostra da guardare con l’occhio del locale", sottolinea Meneguzzo. Come locali, del resto, sono le banche da cui provengono le opere.
"È una scelta fatta per aumentare non solo la nostra conoscenza dell’arte – continua il critico – e la stima per artisti che agiscono quasi da artigiani, che rimangono nella loro cittadina e lì diventano un punto di riferimento. Alle volte è più interessante vedere il capolavoro di un artista minore piuttosto che un’opera ’normale’, per quanto rilevante, di un grande maestro internazionale". E di questi capolavori, a Palazzo delle Stelline, ce ne sono davvero tanti. Perché in questa mostra è racchiuso un po’ tutto il Novecento, in ogni sua sfaccettatura.