Uomini e donne reagiscono diversamente allo stress: la differenza secondo la scienza
Uni studio ha rivelato le differenze biologiche legate alla concentrazione di un neurosteroide. A cosa serve saperlo? Per una medicina personalizzata
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Donne e uomini reagiscono diversamente allo stress
“Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”. Già nel 1992, John Gray, psicosessuologo ed esperto di comunicazione nel suo libro di maggiore successo spiegava un semplice concetto: uomini e donne vengono da due pianeti diversi, ovvero parlano, pensano e amano in modo differente e spesso i loro comportamenti assumono significasti diametralmente opposti. on immaginava però, che oggi la scienza confermasse la sua tesi e non solo in tema di relazioni. Un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’University of Florida Health, ha scoperto perché uomini e donne sperimentare lo stress in modo diverso, acquisendo anche importanti informazioni sui meccanismi che permettono al cervello di adattarsi alle situazioni improvvise e inaspettate.
Come il cervello reagisce allo stress
In risposta allo stress acuto, il cervello produce un neurosteroide chiamato allopregnanolone, o AP, quale reazione, breve ma intensa, a una sfida improvvisa o una minaccia. L’innalzamento dei suoi livelli ha infatti, un ruolo fondamentale nella risposta iniziale allo stress poiché aiuta l’organismo ad adattarsi rapidamente al cambiamento e a regolare di conseguenza le sue reazioni.
Ad esempio, quando si affrontano eventi stressanti come un pericolo imminente, livelli elevati di AP aumentano la concentrazione e l'energia aiutando a rimanere focalizzati e a rispondere in modo efficace. La produzione di allopregnanolone è regolata da un enzima, la 5α-reduttasi, o 5α R, che esiste in due forme principali: 5α R1 e 5α R2.
Lo studio
I ricercatori del ‘College of Pharmacy dell’University of Florida’ si sono avvalsi di studi su topi per indagare il funzionamento di questi enzimi e capire le differenze biologiche nelle risposte allo stress di uomini e donne.
"Gli uomini, in generale, tendono ad avere una maggiore propensione a mostrare all'esterno reazioni aggressive allo stress acuto - spiega Marco Bortolato, M.D., Ph.D., professore di farmacodinamica presso l'University of Florida College of Pharmacy e autore senior dello studio - mentre le donne hanno una maggiore tendenza a interiorizzare le loro risposte, un comportamento che si ritiene alla base della loro propensione a sviluppare ansia e depressione”.
Lo studio, pubblicato su Science Advances, la rivista dell’American Association for the Advamcement of Science’s, ha rivelato che lo stress acuto aumenta i livelli di 5α R2, ma non 5α R1, nella regione anteriore del cervello dei topi maschi, mentre nelle femmine non si verifica nessun cambiamento. Questo evidenzia una differenza significativa legata al genere nel modo in cui lo stress viene gestito a livello celebrale.
Il ruolo fondamentale della 5α R2
I ricercatori hanno scoperto che la 5α R2 è essenziale per la produzione di AP durante lo stress, mentre la 5α R1 aiuta a mantenere i livelli di base di questo neurosteroide. Abbassando i livelli di 5α R2 nei topi maschi, si è notato che erano meno concentrati e più lenti a rispondere sia allo stress acuto che agli stimoli ricompensanti, mentre somministrando AP la capacità di risposta veniva immediatamente ripristinata, dimostrando così ulteriormente il ruolo fondamentale dell'enzima 5α-reduttasi.
L'analisi ha dimostrato anche che durante lo stress, la 5α R2 stimola la produzione di proteine nei neuroni e supporta le cellule del cervello aiutandolo ad adattarsi in modo più efficace.
La potenzialità per la creazione di nuovi farmaci
"La nostra ricerca, che correla la risposta allo stress e le differenze di genere, potenzialmente potrebbe avere importanti ripercussioni sullo sviluppo di una medicina personalizzata - sottolinea Bortolato - ad esempio, capire perché le donne sono più suscettibili alla depressione rispetto agli uomini può permettere la creazione di trattamenti più mirati. I suoi risultati inoltre, potrebbero contribuire alla realizzazione di farmaci capaci di modulare in modo specifico le risposte allo stress”.
Questa possibilità potrebbe quindi permettere la messa a punto di una nuova generazione di farmaci a base di steroidi che potrebbero svolgere un ruolo cruciale nel trattamento delle forme di depressione che sono resistenti alle attuali terapie.
“La depressione è la principale causa di disabilità in tutto il mondo - dichiara Bortolato - in gran parte a causa dei crescenti livelli di stress cronico. Gli antidepressivi convenzionali spesso richiedono da due a quattro settimane per dare i primi segni d’efficacia. Al contrario, i trattamenti a base di AP potrebbero avere effetti molto più rapidi. Migliorare la capacità di produrre AP potrebbe trasformare le modalità in cui ci si approccia alla depressione e ad altri disturbi legati allo stress”.