Shock cardiogeno, terapie e trattamenti: al via uno studio per elaborare un percorso innovativo per i pazienti
‘Enigma’ è il progetto coordinato da Fondazione Don Gnocchi a Milano, i primi risultati saranno disponibili a fine 2026. Tra gli obiettivi una migliore qualità della vita
Milano, 3 febbraio 2025 – Sono oltre cinquemila le persone che in Italia ogni anno sono colpite da shock cardiogeno, vittime cioè di infarto, aritmia o altre patologie cardiache che rallentano o bloccano il cuore e che – quando non mortali – determinano serie conseguenze a tutto l’organismo (Fonte Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri-ANMCO).
È una situazione assai delicata, trattata, però, in maniera difforme sul territorio italiano, senza ancora uno standard di procedure e terapie scelto per la sua efficacia e adottato da tutti gli ospedali. Per rispondere a questa esigenza la Fondazione don Gnocchi ha attivato e coordina il progetto ‘Enigma-Shock’. Di cosa si tratta e come funziona? Ecco tutto nel dettaglio.
Il progetto ‘Enigma-Shock’
Il progetto ‘Enigma-Shock’ intende valutare non solo l’esito clinico e la gestione della patologia durante la degenza ospedaliera, ma anche la gestione del paziente a seguito della dimissione, focalizzando l’attenzione sulla sindrome post- intensiva nella sua globalità. A un anno dall’evento cardiologico, i ricercatori valuteranno ciascun paziente cercando di individuare quelli che si trovano nelle condizioni migliori e analizzando a quali trattamenti sono stati sottoposti e con quali modalità.
Lo studio
Saranno studiati come parametri l’aspetto cognitivo, eventuali disturbi dell’umore e i disordini endocrino-metabolici e nutrizionali, il riadattamento cardiovascolare allo sforzo, il recupero neuromotorio e il rientro alla vita sociale e lavorativa.
Lo studio coinvolge duemila pazienti e i primi risultati saranno disponibili a fine 2026. Il progetto - sulla scorta dei dettami della “value-based healthcare”, cioè la valutazione del valore delle cure derivata dal confronto tra il loro costo e il benessere prodotto nei pazienti - si propone inoltre un’analisi dal punto di vista economico-organizzativo, nel tentativo di indicare come utilizzare al meglio le risorse erogate dal Sistema Sanitario Nazionale. Tale approccio, guidato dall’Università Carlo Cattaneo - LIUC, consentirà di identificare i contesti più adatti all’implementazione del nuovo percorso, evidenziando al contempo sfide e opportunità che potrebbero influenzarne il successo, definendo i potenziali benefici e impatti in termini di efficienza economica e organizzativa.
L’obiettivo
L’obiettivo è creare così un percorso standardizzato e multidisciplinare a lungo termine, che risponda alle esigenze della popolazione con esiti di shock cardiogeno e che porti un miglioramento delle cure e della qualità di vita nei pazienti che sopravvivono a questa condizione, spesso foriera di gravi disabilità.
I fondi e il sostegno
Il progetto, sostenuto dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è coordinato dalla Fondazione don Gnocchi, in collaborazione con l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, l’Azienda Ospedaliera Nazionale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, l’Azienda di Rilievo Nazionale e Alta Specializzazione (ARNAS) "G. Brotzu" di Cagliari, l’Azienda ospedaliero universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno e l’Università Carlo Cattaneo LIUC - LIUC Business School di Castellanza (VA).
Il progetto verrà condotto con il sostegno e la partecipazione dell’Associazione Nazionale dei pazienti scompensati cardiaci (AISC) che ha contributo alla validazione dei questionari somministrati ai pazienti per la valutazione di follow- up.
“Il lavoro di analisi organizzativa consentirà di orientare al meglio l’utilizzo dei fondi del nostro Sistema Sanitario, garantendo una gestione efficiente e sostenibile delle risorse – ha detto Nuccia Morici, responsabile dell’Unità di Cardiologia riabilitativa dell’IRCCS S. Maria Nascente di Milano della Fondazione don Gnocchi e coordinatrice del progetto – È la prima volta che, in una patologia ad alta mortalità come lo shock cardiogeno, l’attenzione si estende oltre la gestione acuta e il ruolo del supporto meccanico, per includere una valutazione sistematica della traiettoria a lungo termine del paziente e delle implicazioni organizzative e di sistema che la gestione comporta”.