Obesità infantile, adolescenti sovrappeso: il ruolo della genetica
Individuata una variante che stimola l'appetito nei bambini, capace di influenzare l’ipotalamo: sarà questo uno dei temi di discussione del prossimo European Congress on Obesity
L’obesità infantile è una problematica che sta assumendo proporzioni sempre più allarmanti in Italia, con una percentuale di bambini obesi e adolescenti sovrappeso che è aumentata di quasi tre volte dal 1975 al 20161. Questo fenomeno predispone i giovani a malattie croniche come il diabete e le patologie cardiovascolari, e incide anche sul benessere psicosociale.
Prevenzione
La prevenzione dell’obesità infantile deve iniziare dai primissimi anni di vita. L’allattamento al seno, uno svezzamento adeguato e l’evitare l’aggiunta di sale e zuccheri sono passi fondamentali per instaurare fin da subito sane abitudini alimentari. Inoltre, il Programma nazionale Guadagnare Salute ha contribuito significativamente alla lotta contro l’obesità, promuovendo stili di vita salutari e monitorando la situazione.
Trattamento
Il trattamento dell’obesità nei bambini richiede un approccio integrato che coinvolga medici, nutrizionisti e psicologi. È essenziale un percorso personalizzato che tenga conto delle esigenze individuali del bambino e della sua famiglia, promuovendo un’alimentazione equilibrata e l’attività fisica regolare.
La ricerca
Recentemente è stata identificata una variante genetica che sembra essere fortemente associata all’obesità nei bambini, al tempo stesso assente negli adulti. I pediatri del Children’s Hospital di Philadelphia desumono che questa variante, localizzata vicino al gene FAIM2 sul cromosoma 12, potrebbe influenzare l’appetito facendo leva sull’ipotalamo, una regione del cervello che come un grande regista del nostro organismo regola varie funzioni ormonali e metaboliche. Questa scoperta apre nuove prospettive per la comprensione dell’obesità nei bambini, e suggerisce la possibilità di sviluppare terapie mirate in futuro.
Sheridan Littleton, ricercatrice universitaria, prima firma dello studio pubblicato su Cell Genomics, ha spiegato che questa variante genetica si associa a uno dei segnali genetici più forti mai trovati per l’obesità infantile. Le indagini condotte in laboratorio hanno mostrato che la variante potrebbe portare a una riduzione dei neuroni nell’ipotalamo, una regione del cervello che regola il consumo di cibo e il metabolismo, suggerendo un legame diretto con l’obesità.
La scoperta è particolarmente significativa perché, oltre all’obesità infantile e al sovrappeso in adolescenza, il gene in questione è stato associato a una varietà di problemi di salute correlati, come una maggiore suscettibilità al diabete di tipo 2, un incremento della percentuale di grasso corporeo sia nei bambini sia negli adulti, e un’età più precoce dell’insorgenza del ciclo mestruale.
La dottoressa Littleton sottolinea l’importanza di ulteriori ricerche per comprendere meglio come questa variante genetica possa diventare il bersaglio di nuove terapie mirate a trattare l’obesità infantile. “Questo lavoro conferma, se mai ce ne fosse bisogno, il ruolo centrale del cervello nella genesi dell’obesità e ci indica la strada per portare avanti ulteriori studi”, è la conclusione.
European Congress on Obesity
L’obesità infantile è una condizione complessa, influenzata sia da fattori ambientali che genetici. Studi precedenti hanno dimostrato che le vie neuronali nell’ipotalamo sono regolatori chiave della malattia, arbitri del desiderio incoercibile di spalancare la porta del frigo e mangiare tutto quello che si trova. È bene che le giovani generazioni siano informate e coinvolte nella prevenzione. Solo attraverso la consapevolezza, e la promozione di uno stile di vita sano, imparando a gestire le proprie debolezze, possiamo sperare di invertire questa tendenza preoccupante e garantire un futuro più snello e dinamico alle nuove generazioni.
Temi come questo saranno oggetto di approfondita discussione al prossimo Congresso Europeo sull’Obesità (ECO2024 – European Congress on Obesity) che si terrà a Venezia, dal 12 al 15 maggio. Questo evento offre agli specialisti un’importante piattaforma di incontro al fine di confrontarsi sulle più recenti scoperte e innovazioni nel campo dell’obesità e del sovrappeso.
L’appuntamento coincide con un momento storico della medicina, in particolare dell’endocrinologia e della diabetologia, grazie all’avvento dei nuovi farmaci inibitori del GLP-1, promette di essere un’esperienza unica, con un programma interattivo e innovativo che coprirà molteplici aspetti dell’obesità, dalla scienza di base alla salute pubblica e comportamentale, dall’obesità infantile e adolescenziale alla gestione e intervento. La struttura del congresso è stata pensata per massimizzare l’interazione tra i delegati e i relatori, con sessioni plenarie, workshop formativi e sessioni di comunicazione della ricerca moderata.
Farmaceutica
Gli inibitori del GLP-1, noti anche come agonisti del recettore del GLP-1, sono una classe di farmaci utilizzati nel trattamento del sovrappeso e dell’obesità. Questi farmaci imitano l’azione del peptide simile al glucagone di tipo 1 (GLP-1), un ormone naturale che aiuta a regolare l’appetito e l’assunzione di cibo.
Il GLP-1 è prodotto nell’intestino e viene rilasciato dopo i pasti. Ha diversi effetti sul corpo, tra cui:
- Calo dell’appetito: aumenta la sensazione di sazietà, riducendo così la quantità di cibo consumato.
- Rallentamento della digestione: ritarda lo svuotamento gastrico, contribuendo a prolungare la sensazione di pienezza dopo i pasti.
- Regolazione della glicemia: stimola il rilascio di insulina e inibisce la secrezione di glucagone, aiutando a controllare i livelli di zucchero nel sangue.
I farmaci inibitori del GLP-1 per la gestione del peso, come liraglutide e semaglutide, sono prescritti in aggiunta a una dieta ipocalorica e all’aumento dell’attività fisica. Sono particolarmente utili per le persone con un indice di massa corporea (BMI) elevato e sono stati dimostrati efficaci nel promuovere una significativa perdita di peso. Da segnalare pure una new entry di cui tanto si parla. Tirzepatide appartiene alla stessa classe di farmaci della semaglutide. Entrambi sono agonisti dei recettori delle incretine, un gruppo di ormoni che stimola la diminuzione dei livelli di glucosio nel sangue. A differenza della semaglutide, che agisce sul recettore dell’ormone GLP-1 (Glucagon-Like Peptide 1), tirzepatide prende di mira anche un recettore dell’ormone GIP (Glucose-dependent Insulinotropic Polypeptide), questo rende tirzepatide il primo “doppio agonista ormonale” dei recettori incretinici, legando e attivando i recettori sia per GIP sia per GLP-1, che agiscono in modo diverso sul metabolismo glicidico e il rilascio di insulina.
È bene notare che tutti i farmaci citati sono somministrati sotto stretto controllo medico e sono indicati solo per specifiche condizioni di sovrappeso e obesità, in genere quando altre misure, come la dieta e l’esercizio fisico, si sono rivelate insufficienti o impraticabili. Inoltre, possono avere effetti benefici anche su altre condizioni correlate, come il diabete di tipo 2. Per ulteriori informazioni sulle terapie citate occorre valutare caso per caso, consultando sempre un medico specialista.