Il legame tra il grasso viscerale e l'Alzheimer: una nuova prospettiva per la prevenzione

Recenti ricerche hanno rivelato che il grasso viscerale accumulato nella mezza età è associato a un aumento del rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. Questo articolo esplora i risultati di uno studio presentato durante il meeting annuale della Radiological Society of North America, evidenziando come il grasso addominale possa influenzare la salute cerebrale e suggerendo strategie per mitigare questo rischio.

di GIANCARLO RICCI
3 dicembre 2024
Alzheimer, il grasso viscerale predice la malattia sino a 20 anni prima della manifestazione dei sintomi

Alzheimer, il grasso viscerale predice la malattia sino a 20 anni prima della manifestazione dei sintomi

La malattia di Alzheimer rappresenta una delle sfide più gravi per la salute pubblica, con milioni di persone colpite in tutto il mondo. Recentemente, un gruppo di ricercatori del Mallinckrodt Institute of Radiology della Washington University School of Medicine ha presentato uno studio che mette in luce un legame preoccupante tra il grasso viscerale, accumulato nella mezza età, e l'accumulo di proteine anomale nel cervello, segno distintivo dell'Alzheimer.

Grasso viscerale e salute cerebrale

Il grasso viscerale è quel tipo di grasso che si accumula intorno agli organi interni nella cavità addominale. A differenza del grasso sottocutaneo, che si trova sotto la pelle, il grasso viscerale è considerato più pericoloso per la salute. Secondo lo studio presentato, le persone con un alto livello di grasso viscerale nella mezza età mostrano un aumento dei livelli di amiloide e tau nel cervello, due proteine associate all'Alzheimer. Queste proteine possono ostacolare la comunicazione tra le cellule cerebrali e contribuire alla neurodegenerazione.

I risultati dello studio

Lo studio ha coinvolto 80 adulti cognitivamente sani, con un'età media di 49 anni. Gli scienziati hanno utilizzato tecniche avanzate come la risonanza magnetica (MRI) e la tomografia a emissione di positroni (PET) per analizzare la distribuzione del grasso corporeo e i livelli di amiloide nel cervello.

I risultati hanno mostrato che:

  • Le persone con obesità (definita da un BMI superiore a 30) presentavano punteggi più elevati sulla scala centiloid per l'amiloide rispetto a quelle senza obesità.
  • Il rapporto tra grasso viscerale e sottocutaneo era fortemente correlato a un maggiore accumulo di amiloide nel cervello.
  • L'infiammazione cerebrale era più pronunciata nei partecipanti con alti livelli di grasso viscerale, suggerendo un meccanismo attraverso cui questo tipo di grasso possa contribuire all'Alzheimer.
L'obesità è uno dei 14  fattori di rischio per la malattia di Alzheimer elencati dalla "Commissione Lancet sulla prevenzione, l'intervento e la cura della demenza"
L'obesità è uno dei 14 fattori di rischio per la malattia di Alzheimer elencati dalla "Commissione Lancet sulla prevenzione, l'intervento e la cura della demenza"

Implicazioni per la salute

I ricercatori hanno sottolineato l'importanza di affrontare il problema del grasso viscerale come strategia preventiva contro l'Alzheimer. Poiché i cambiamenti nel cervello possono iniziare fino a 15 anni prima della comparsa dei sintomi, intervenire precocemente attraverso modifiche dello stile di vita potrebbe essere cruciale. Alcuni suggerimenti includono un’attività fisica regolare (l'esercizio fisico aiuta a ridurre il grasso viscerale e migliorare la salute metabolica), un’alimentazione equilibrata (una dieta ricca di frutta, verdura e cereali integrali può contribuire a mantenere un peso sano) e il costante monitoraggio della salute (con controlli regolari che possono aiutare a identificare precocemente fattori di rischio come l'obesità e l'insulino-resistenza).

Il legame tra il grasso viscerale e l'Alzheimer rappresenta dunque una nuova frontiera nella comprensione della malattia. Mentre ulteriori ricerche sono necessarie per chiarire i meccanismi esatti coinvolti, è evidente che gestire il peso corporeo e adottare uno stile di vita sano potrebbe non solo migliorare la salute fisica ma anche preservare la salute cerebrale negli anni a venire. La consapevolezza su questi fattori potrebbe portare a diagnosi più precoci e a strategie preventive più efficaci contro questa devastante malattia neurodegenerativa.