Cosa c’entra il ‘grasso bruno’ con la longevità sana? Lo spiega la scienza
Una ricerca pubblicata su Aging ha dimostrato gli effetti positivi di questo tessuto adiposo. Tutto merito della genetica: ecco perché
Quando si parla di grasso, il collegamento mentale che scatta in tutti noi è quello con con obesità e sovrappeso. Il tessuto adiposo, invece, è un organo endocrino fondamentale per la salute e il corretto funzionamento dell’organismo. Vero, però, che ne esistono principalmente due tipi, quello bianco e quello bruno, anche se è stato identificato un tipo intermedio chiamato “beige” che si forma per imbrunimento di quello bianco e ha un’attività simile a quello bruno.
Grasso bianco e bruno: la differenza
Quello bianco, immagazzina l’energia in eccesso introdotta con il cibo ed è dannoso per la salute soprattutto se si trova nella zona dell'addome e attorno agli organi vitali. Quello bruno, invece, brucia energia (e quindi consuma le calorie) utilizzando i lipidi e parte degli zuccheri circolanti per produrre calore assicurando la corretta termoregolazione del corpo. Inoltre, abbassa i livelli degli zuccheri e del colesterolo nel sangue, regola il peso corporeo e diminuisce il rischio di sviluppare disturbi cardiocircolatori e metabolici. Ma non solo.
Cosa ha scoperto la scienza
Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Aging ha infatti scoperto nuovi effetti benefici del grasso bruno che potrebbero migliorare la qualità della vita durante la vecchiaia facendo di conseguenza crescere la voglia di possederne in grandi quantità.
Purtroppo però, sebbene sia stato dimostrato che può espandersi o ridursi al bisogno, la sua presenza nell’uomo adulto è molto modesta e localizzata nella regione interscapolare e ascellare, lungo i grossi vasi sanguigni e attorno a rene e surrene.
A realizzare lo studio, i ricercatori del Dipartimento di Biologia Cellulare e Medicina Molecolare della Rutgers New Jersey Medical School, che si sono concentrati sulla capacità del tessuto adiposo bruno (BAT, dall’inglese Brown Adipose Tissue) di favorire una longevità sana, proteggendo da molteplici problematiche come quelle causate dall’impatto di “obesità, diabete, malattie cardiovascolari, cancro, morbo di Alzheimer e ridotta tolleranza all'esercizio fisico" affermano i tre autori, gli scienziati Dorothy E. Vatner, Jie Zhang e Stephen F. Vatner.
Perché il grasso bruno fa bene
Il loro obiettivo è infatti, dimostrare che il processo che permette al grasso bruno di produrre calore per mantenere la temperatura corporea e di aumentare il metabolismo può anche tutelare da molteplici patologie legate al passare degli anni. Se fino a oggi le ricerche hanno dimostrato che l’attività fisica è in grado di regolare l’attivazione del tessuto adiposo bruno e di aumentare la sua densità, questo lavoro ha un approccio diametralmente opposto, ovvero, indaga la possibilità del Bat di potenziare le prestazioni fisiche, che normalmente calano con il naturale invecchiamento, favorendo di conseguenza una migliore qualità della longevità.
Tutto merito dei un gene
Per supportare la loro ipotesi gli esperti hanno analizzato i risultati di molteplici ricerche e, tra le tante, quella sui topi RGS14 knockout, sembra confermare la loro teoria. Se il grasso bruno di questi topi - a cui è stata soppressa l’espressione dell’omonimo gene - geneticamente modificati e dalla maggiore durata di vita, viene trapiantato in topi normali, sottolineano i ricercatori, quest’ultimi mostrano una migliore resistenza alla corsa, dopo soli tre giorni dal trapianto.
Il grasso bruno dei topi non modificati, invece, ha impiegato molto più tempo per arrivare a ottenere miglioramenti simili. Questi risultati, come ribadiscono gli esperti, dimostrano non solo la capacità del tessuto adiposo bruno di incrementare le prestazioni fisiche, ma anche quella di migliorare la circolazione sanguigna e di ridurre significativamente lo stress cellulare, tutti fattori che aiutano a contrastare la perdita di massa muscolare, l'affaticamento e il declino metabolico tipici dell’invecchiamento.
Queste nuove scoperte, oltre a fare luce sull’attività del tessuto adiposo bruno, puntualizzano i ricercatori della Dipartimento di Biologia Cellulare e Medicina Molecolare della Rutgers New Jersey Medical School, indicano la via per creare trattamenti inediti che, imitandone gli effetti benefici, potrebbero portare ad approcci innovativi per migliorare i livelli di energia, mantenere il peso corporeo ottimale e tutelare la salute del cuore nella popolazione in età avanzata.
Bat e la “longevità sana”
"Considerando la capacità del Bat di mediare una longevità sana e migliorare le prestazioni fisiche è probabile che un analogo farmaceutico diventi una nuova modalità terapeutica”, dichiarano infatti, sottolineando che continuare la ricerca in questa direzione potrebbe portare allo sviluppo di terapie efficaci nell’aiutare gli anziani a mantenere una vita più attiva, riducendo il rischio d’insorgenza di patologie croniche strettamente correlate all’invecchiamento.