Un neonato su 10 nasce prematuro: come cambiano i rischi sul neurosviluppo
In occasione della Giornata mondale della prematurità (17 novembre), le esperte di Sinpia fanno il punto su “prevenzione e cura, priorità della ricerca". In Italia sono 24mila i bimbi pre-termine
Prematurità causa di disturbi del neurosviluppo nel 25-50% dei casi. Lo sottolinea la Sinpia, Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, in occasione della Giornata mondale della prematurità, che ricorre il 17 novembre, riconosciuta dal Parlamento europeo grazie all'impegno della European Foundation for the Care of Newborn Infants (Efcni).
La nascita pretermine è, del resto, un problema di salute pubblica a livello mondiale: nel mondo circa 1 neonato su 10 nasce prima della 37esinma settimana gestazionale, cioè prima del tempo necessario a completare la sua maturazione e il suo sviluppo nell’utero materno, con effetti a breve e lungo termine sulle funzioni del suo cervello ed in particolar modo sul neurosviluppo.
Cosa succede in Italia
In Italia, secondo i dati più recenti (Rapporto CeDAP, 2022), la percentuale annua dei parti pretermine si attesta intorno al 6.3% del totale delle nascite, pari a circa 24mila nati pretermine: di questi il 75,3% è rappresentato da parti pretermine tra la 34esima e la 36esima settimana gestazionale, mentre circa lo 0.9-1% sono i nati molto o estremamente pretermine, cioè nati sotto le 32 settimane di età gestazionale.
"Rischi per il neurosviluppo”
“La nascita pretermine – spiega Elisa Fazzi, presidente Sinpia e direttrire della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili – resta una condizione di rischio per lo sviluppo delle funzioni del sistema nervoso centrale: all’aumento delle possibilità di sopravvivenza non corrisponde anche una diminuzione delle problematiche presentate a distanza rispetto al neurosviluppo".
"Negli anni – continua – abbiamo assistito ad un cambiamento delle conseguenze neuropsichiche della nascita prematura: a fronte di una riduzione delle gravità delle problematiche motorie e cognitive (come le paralisi cerebrali e la disabilità intellettiva grave), un tempo le più temute, assistiamo ad un aumento di problemi legati alla coordinazione motoria, alle funzioni attentive, esecutive e di apprendimento, a quelle comunicativo-linguistiche e quelle emotivo-relazionali e sociali. Possiamo, quindi, dire che un bambino nato pretermine può potenzialmente rappresentare il prototipo di un soggetto a rischio di un disturbo del neurosviluppo”.
A cosa vanno incontro i bambini?
Nel neonato pretermine, anche quando non ci sono lesioni cerebrali visibili con le tecniche di neuroimaging più utilizzate, il sistema nervoso che si sviluppa e matura in un ambiente molto diverso da quello fisiologico, si trova in qualche modo “impreparato” ad affrontare la vita extrauterina in un momento cruciale in cui avviene la massima crescita e maturazione delle connessioni cerebrali e facilmente va incontro a fenomeni lesionali e/o dismaturativi, con un’alterazione dei circuiti cerebrali che sottendono alle funzioni adattive.
Esiste ancora una quota di bambini pretermine, nati di peso estremamente basso, che sviluppa deficit di tipo motorio come paralisi cerebrale infantile (dal 5 al 10% dei soggetti), ma ancora più significativo è il fatto che una percentuale che va dal 25 al 50% di nati pretermine può presentare ritardi di sviluppo, disabilità cognitiva di varia gravità, problemi comportamentali, deficit dell'attenzione e/o iperattività, difficoltà di regolazione delle emozioni, disturbi dello spettro autistico.
Come cambia l’impatto
"L'impatto di questi deficit – interviene Simona Orcesi, professoressa di Neuropsichiatria Infantile dell’Università di Pavia e primaria di Neuropsichiatria Infanzia e Adolescenza all’Irccs Fondazione Mondino di Pavia) – può essere molto significativo, sia sugli individui e sulle famiglie, sia per i costi a carico dell'assistenza sanitaria pubblica, soprattutto perché si tratta di problematiche le cui conseguenze rischiano di permanere per tutta la vita. Sicuramente negli anni più recenti abbiamo assistito ad un cambiamento rispetto allo scenario delle sequele della prematurità: il numero di bambini che crescono senza disabilità gravi è aumentato perché sono diminuite le lesioni cerebrali più gravi ma una significativa percentuale di soggetti con età gestazionale più bassa è ancora ad alto rischio di uno sviluppo neuropsichico non del tutto ottimale”.
Cosa c’entra il Dna?
È sempre più chiaro, quindi, che la prematurità è di per sé un fattore che può alterare la maturazione cerebrale con effetti a lungo termine sul neurosviluppo. "La protezione dello sviluppo cerebrale nei neonati pretermine – aggiunge Antonella Costantino, direttrice Uonpia Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – intesa come possibilità di prevenire o mitigare gli eventi dismaturativi nell’arco dei primi mesi di vita, è fondamentale perché il cervello in questa precoce fase evolutiva ha una caratteristica determinante che è la sua plasticità. Il cervello è in grado, quindi, di modificare la propria struttura e funzione in base all’esperienza, attraverso meccanismi epigenetici, influenze ambientali che possono agire sul nostro Dna ‘accendendo’ o ‘spegnendo’ determinati geni capaci di influenzare lo sviluppo. L’ambiente agisce come un ‘farmaco’ sul cervello del pretermine, tracciando in qualche modo le basi dello sviluppo futuro”.
Per Fazzi, "proprio questa neuroplasticità fa sì che le caratteristiche delle esperienze e delle relazioni precoci siano fondamentali per lo sviluppo cerebrale del neonato pretermine, così come la qualità delle cure neonatali e l'intervento precoce, mediato dalla relazione con i genitori e con la famiglia, primo e fisiologico ambiente in cui un neonato cresce”.