Fegato grasso, ne soffre un quarto degli italiani

Genetica e stili di vita le cause di questi disturbi dismetabolici, che colpiscono a tutte le età, dai 18 ai 70 anni. Rischio epatite e cirrosi

di Redazione Salus
15 dicembre 2023

Fegato grasso, una scocciatura che affligge un quarto degli italiani. Le patologie dismetaboliche epatiche, in aumento negli ultimi anni, possono causare complicanze, tra cui la cirrosi e la cosiddetta steatoepatite, coinvolgendo anche altri organi e apparati.

 

A evidenziare questo problema è il convegno sulle nuove sfide in epatologia, Emerging topics in liver disease, organizzato a Roma presso l’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, responsabile scientifico Adriano Pellicelli, con il contributo del professor Massimo Pinzani del Royal Free Hospital di Londra.

 

Entrano in gioco vari fattori di rischio, tra cui l’obesità, una scorretta alimentazione, patologie come il diabete e alterazioni dei valori di trigliceridi o di colesterolo. In molti casi, queste malattie sono anche legate a predisposizioni genetiche. Questi fattori possono determinare una steatosi ovvero un accumulo di grasso nel fegato, e successivamente una infiammazione persistente del fegato, che alla lunga può portare alla cirrosi.

 

Secondo gli esperti, riferisce Pellicelli, le cause virali rappresentano ancora il 30-35% delle patologie del fegato, ma negli ultimi anni si sono ridotte grazie ai farmaci innovativi che permettono di eradicare le infezioni, in particolare quella causata dal virus dell’Epatite C. A livello nazionale, circa il 25% della popolazione tra i 18 e i 70 anni soffre di steatosi epatica, mentre il 5% di questi pazienti può andare incontro a steatoepatite che può poi evolvere in cirrosi.

 

Per contrastare l’aumento di queste patologie, è necessario fare prevenzione. I pazienti con steatosi devono sottoporsi a controlli periodici, e in caso di incremento delle transaminasi si raccomanda un trattamento preventivo per la fibrosi del fegato, riducendo il peso corporeo mediante una dieta adeguata e l’attività fisica.

 

Un’altra importante novità nel campo dell’epatologia riguarda la diagnosi del tumore primitivo del fegato. Negli ultimi anni l’immunoterapia combinata con farmaci inibitori della tirosinchinasi ha migliorato la prognosi nelle forme avanzate, aprendo anche alla possibilità di ridimensionare la massa neoplastica in modo da renderla trattabile chirurgicamente o mediante trapianto.

 

Al convegno sulle patologie del fegato si è discusso pure di software applicati alla risonanza magnetica che consentono di localizzare i depositi adiposi nel fegato grasso. L’elastografia fibroscan permette inoltre indagini ripetibili per la quantificazione del grado di fibrosi. Da tutte queste considerazioni si desume l’importanza di promuovere la prevenzione in epatologia, per arrivare a diagnosi precoci e trattamenti in grado di offrire una migliore qualità di vita.