Covid, fiato corto e palpitazioni. Controlli dopo la guarigione
Aumenta il rischio ictus e infarto, trombosi e miocarditi: è la Pasc, post acute sequele, sindrome da Sars-Cov2
All’inizio della pandemia il Covid ci preoccupava per le polmoniti interstiziali, i casi gravi finivano in rianimazione tenuti in vita con l’ossigeno. Dopo mesi passati tra vaccinazioni, tamponi, antinfiammatori e mascherine abbiamo iniziato a sperimentare sulla nostra pelle, chi più chi meno, tosse, dolori muscolari, stanchezza, febbre alta, ma in qualche modo ne siamo usciti. Oggi vengono a galla i guai a medio lungo termine provocati dalla Sars-Cov2. Crescono le evidenze che mostrano un rischio di infarto o ictus elevato anche a distanza di mesi dopo aver superato una infezione. Quali altri sintomi vanno avanti sotto traccia?
Affanno respiratorio
Fiato corto e palpitazioni sono spesso campanelli d’allarme. Chi ne soffre lamenta di fare fatica a salire le scale o riferisce di risvegli improvvisi nel cuore della notte in preda a una tachicardia con extrasistole. Esiste un Long Covid solo cardiovascolare, definito dagli esperti PASC (Sequele Post Acute da SARS-CoV-2) descritto dagli specialisti dell’American College of Cardiology. In occasione della pubblicazione delle nuove linee guida statunitensi. In Italia illustri cardiologi, tra i quali Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia (SIC), hanno richiamato la necessità di maggiore attenzione alla salute di cuore e arterie dopo l’infezione.
Danni a distanza
Gli americani, si diceva, hanno riscontrato che la sindrome da Covid-19 può comportare danni cardiovascolari a distanza (cardiopatie, aritmie, fibrillazione, miocarditi, trombosi) aumentando la probabilità di infarto e di ictus anche a distanza di un anno da un’infezione che si riteneva già superata. Chi ha il cuore affaticato da enfisema, una patologia della valvola aortica, una aritmia o una dilatazione del miocardio, sviluppa più facilmente lo scompenso. Ora i ricercatori stanno cercando di capire quali meccanismi entrano in gioco per cercare di stopparli.
Rischio complicanze
Le prove di un interessamento cardiovascolare sono venute dopo la pubblicazione di uno studio su Nature Medicine, che ha utilizzato i dati dei veterani ricoverati ngli Stati Uniti, scoprendo che le persone che avevano avuto un ricovero per malattia grave mostravano rischi maggiori di almeno 20 volte. Ma anche le persone curate a casa, senza ricorso alla terapia intensiva, avevano un aumento di complicanze a carico del cuore e del sistema cardiocircolatorio. I cardiologi, così come altri specialisti, stanno lanciando l’allarme: anche dopo essere tornati negativi al tampone continuiamo a essere tormentati da questo coronavirus.
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Sindrome cardiovascolare
Alcuni parlano di Long Covid alludendo a problemi che si prolungano nel tempo come la stanchezza, l’incapacità a percepire sapori e odori, mal di testa e insonnia. Ma c’è anche un’altra patologia subdola, che non appare eppure ci logora nel profondo, senza che ce ne accorgiamo. L’effetto di Covid-19 sul cuore, definito PASC dagli autori anglosassoni, potrebbe essere correlato ad anticorpi che danneggiano direttamente tessuti e organi ma anche all’ingresso del virus nelle cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni. Quindi sotto attacco sono il cuore, le arterie, il sangue, i polmoni. Anche il diabete viene slatentizzato da questo virus, una volta scatenate queste sindromi il più delle volte divengono croniche. L’American College of Cardiology consiglia un controllo cardiologico per le persone che hanno avuto il Covid, soprattutto se anziane o immunodepresse, anche in assenza di sintomi specifici.