L’aviaria sta avanzando: 964 casi umani in 2 anni. Rezza: “Impossibile fare pronostici"
Cresce la preoccupazione per il futuro. L’esperto di prevenzione: “Ad oggi non c'è trasmissione interumana del virus H5N1. La mortalità alta, ma ci sono i vaccini”

L'influenza aviaria avanza tra esseri umani e animali domestici
Roma, 27 marzo 2025 – L'influenza aviaria continua ad avanzare e i contagi si fanno largo anche tra gli esseri umani. Negli ultimi due anni ci sono stati almeno 964 casi umani, di cui quasi la metà diventati mortali – come il bimbo di 3 anni deceduto pochi giorni fa in Cambogia – mentre nel Regno Unito è stato registrato il contagio dell'ennesimo mammifero: per la prima volta una pecora positiva al virus H5N1. Non solo. Il virus ha colpito anche gli allevamenti di bovini in Usa, con il ministro Jennedy Jr che annuncia: “Lasciamo che si diffonda”.
Ma nella curva dei contagi a che punto siamo? “Difficilissimo dirlo, chi fa pronostici oggi non sa quello che dice”, dice Gianni Rezza, già direttore della Prevenzione del ministero della Salute e oggi professore straordinario di Igiene all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Rezza: “Chi fa pronostici non sa quello che dice”
"L'influenza aviaria circola da 20-25 anni: allora era iniziata nei volatili selvatici, poi si è spostata colpendo gli animali da cortile, è arrivata ai mammiferi acquatici e terrestri e all'uomo. Ultimamente ha colpito duramente gli allevamenti bovini negli Stati Uniti con focolai importati e un decesso, ma siamo di fronte già ad un virus mutato rispetto a quello che fu aviario", spiega Giovanni Rezza.
“Da quando lo conosciamo – continua – il virus ha fatto registrare oltre 900 casi umani nel mondo, che non sono una bazzecola. In 20-25 anni questo virus avrebbe avuto tante occasioni di adattarsi all'uomo e di procedere con una trasmissione interumana, ma non ci è riuscito. Lo farà in futuro? Non lo sappiamo, chi oggi fa pronostici non sa quello che dice”.
Ci sarà una pandemia? Cosa dicono i dati
Secondo gli ultimi dati dell'Oms, dal 1 gennaio 2003 al 20 gennaio 2025 sono stati registrati 964 casi umani di aviaria in 24 Paesi, di questi 466 sono stati fatali: 48% tasso di letalità. “L'unico episodio in cui c'è stata una infezione intergenerazionale è stato in una famiglia in Indonesia nel 2006 – ricorda Rezza – che viveva con animali da cortile. In tutto questo tempo l'H5N1 avrebbe avuto la possibilità di adattarsi, ma sappiamo che al momento non riesce ad infettare bene la gola che è il passo per dare una trasmissione più efficace interumana. Ecco che oggi tutti questi passaggi nei mammiferi non sappiamo se sono un avvicinamento all'evento pandemico che sembra spaventarci molto”.
"Nel 2009 ci aspettavamo una epidemia di origine aviaria invece è arrivata la suina, magari potrà accadere la stessa cosa in futuro”, dice l’esperto.
“Mortalità alta, ma ci sono i vaccini”
“Sappiamo che l'H5N1 può avere una mortalità molto alta, del 40-50% – evidenzia Rezza – ma non c'è certezza che mantenga questa caratteristica se ci fosse una trasmissione interumana. Nel 2024 i casi umani in Usa hanno avuto la congiuntivite, più che altro. Ma è chiaro che in quel Paese sta danneggiando moltissimi settori importanti dell'economia, basta guardare quello che sta accadendo con la carenza di uova”.
"Forse stiamo sottovalutando questo impatto e ci preoccupiamo di quello che potrà fare a noi – conclude l'epidemiologo – ma va ricordato che ci sono dei vaccini già disponibili in caso di necessità".