Aviaria, Bassetti: “Trasmissione uomo-uomo sempre più vicina”
Il primario di Malattie infettive al San Martino di Genova rilancia i risultati di uno studio Usa e riflette: “Manca davvero pochissimo. I sintomi sull’uomo non sono banali, lo dicono i tassi di letalità del passato”
Roma, 6 dicembre 2024 - “Al virus dell’aviaria H5N1 che sta dilagando tra i bovini negli Stati Uniti basta una sola mutazione per arrivare ad essere trasmissibile da uomo a uomo”.
Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive al San Martino di Genova, analizza i risultati di uno studio Usa e conclude: “Basta davvero pochissimo, come ci spiegano i ricercatori della California”.
“Ormai - riflette il professore - quell’approdo è quasi una certezza, non più solo un’ipotesi”.
“I sintomi nell’uomo non sono banali”
I sintomi nell’uomo “non sono banali - rimarca Bassetti -. I casi umani che si sono registrati tra il 1997 e il 2005 dimostrano che il virus può raggiungere una letalità del 20-30-40%. Il problema è sempre lo stesso: se l’aviaria colpisce un allevatore 40enne sano, magari non gli dà problemi seri. Se, invece, si ammala una persona anziana e immunodepressa rischia di morire”.
Cosa dice lo studio Usa
Lo studio pubblicato sulla rivista Science dai ricercatori del Scripps Research Institute a La Jolla, in California, grazie al sostegno dell’Istituto nazionale delle malattie infettive degli Stati Uniti (Niaid), ha fatto rumore nel mondo scientifico.
In passato i virus aviari hanno avuto bisogno di diverse mutazioni genetiche (almeno tre) per adattarsi all’uomo in modo da infettarlo in maniera efficiente e poi passare facilmente da persona a persona.
La situazione potrebbe essere pericolosamente più semplice per il ceppo H5N1 2.3.4.4b (A/Texas/37/2024) che è stato isolato dalla prima infezione umana con un virus bovino H5N1 negli Stati Uniti. I ricercatori lo hanno scoperto studiando la proteina emoagglutinina, che il virus utilizza per agganciare i recettori delle cellule ospiti da infettare. Gli esperimenti hanno infatti dimostrato che è sufficiente mutare un singolo amminoacido della proteina per renderla molto più affine ai recettori umani.
"Servono anche altri cambiamenti genetici”
“I risultati dimostrano quanto facilmente questo virus potrebbe evolversi per riconoscere i recettori di tipo umano. Tuttavia, il nostro studio - precisa la prima autrice, Ting-Hui Lin - non suggerisce che tale evoluzione si sia verificata o che l’attuale virus H5N1 con solo questa mutazione sarebbe trasmissibile tra gli esseri umani”. In realtà, per consentire al virus di diffondersi efficacemente tra gli umani, servirebbero anche altri cambiamenti genetici, come mutazioni che ne migliorino la replicazione e la stabilità nelle cellule umane. I ricercatori sottolineano come non vi siano motivi immediati di allarme, ma considerato il crescente numero di casi umani di H5N1 derivanti dal contatto diretto con animali infetti, è evidente la necessità di una sorveglianza proattiva dell’evoluzione del virus H5N1 e di simili ceppi di influenza aviaria.