Atrofia muscolare spinale, ecco la cura. "Un cerotto sul gene malato"

Marika Pane, neuropsichiatra infantile, risponde alle domande sulla terapia genica concessa ai bambini con SMA di tipo 2

di Redazione Salus
17 maggio 2024
DNA Strands on blue background

Atrofia muscolare spinale, come cambiano le prospettive di cura dopo il semaforo verde alla terapia genica concessa ai bambini con SMA di tipo 2 in Italia? Risponde Marika Pane, professore associato di neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Gemelli, Roma. Le novità affrontate in questa intervista, rilasciata dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento dell’Aifa che ha sancito l’estensione dei criteri di rimborsabilità nei trattamenti con onasemnogene abeparvovec, sono tante.

Professoressa, per lunghi anni abbiamo visto genitori smarriti, impotenti di fronte a un figlio o una figlia affetti da una malattia che pareva insormontabile come la SMA. Che cosa significa estendere la terapia genica ai casi di atrofia muscolare spinale di tipo 2?

“La terapia genica per un bambino con atrofia muscolare spinale oggi vuol dire vita, una migliore qualità della vita, vuol dire sopravvivenza, dunque il coronamento di un sogno. Vuol dire speranza. Con l’estensione dei trattamenti alle tre copie del gene SMN2, possiamo offrire una concreta aspettativa di vita a tanti nostri pazienti”.

Che cosa comporta questo punto di svolta?

“Vede, fino a qualche anno fa non avevamo nulla, si potrebbe dire. Oggi possiamo trattare questi casi con le due copie, e finalmente anche con le tre copie del gene, possiamo trattarli in maniera precoce, quindi sperare che tutti questi bambini abbiano uno sviluppo psicomotorio in linea con i coetanei sani. Credo che questo traguardo si possa definire una vera e propria rivoluzione copernicana”.

Uno sviluppo psicomotorio sovrapponibile a quello di bambini senza difetto genetico significa un punto d’arrivo senza precedenti.

“Mi piace parlare di rivoluzione copernicana proprio perché prima potevamo solo allargare le braccia davanti a una giovane coppia che giungeva alla nostra osservazione con una diagnosi di malattia, malattia che purtroppo era mortale, perché i bambini con la forma 1, diagnosticati entro i primi 6 mesi di vita morivano entro l’anno”.

Quale innovazione sostanziale?

“Oggi possiamo parlare di SMA 3.0 perché, con l’estensione che abbiamo detto, abbiamo la possibilità di trattare con la terapia genica, oltre ai bambini con due copie del gene SMN2 fino ai 13 chili e mezzo di peso, anche bambini con le tre copie del gene SMN2 asintomatici”.

Sono temi da addetti ai lavori, cosa significa misurarsi con tre copie del gene?

“Affrontare una casistica con le tre copie del gene vuol dire trattare bambini che sviluppano una atrofia muscolare spinale di tipo 2, quindi una SMA nella quale si osserva la capacità di stare seduti da soli, ma senza poter camminare in maniera autonoma. La prospettiva che abbiamo davanti, quella di avviare trattamenti precocemente, quindi prima dell’insorgenza dei segni e dei sintomi della malattia, fa sì che adesso tutti questi bambini possono giovarsi di una ottima qualità della vita, con le tappe dello sviluppo psicomotorio in regola, esattamente come i coetanei, proprio come i bambini sani, quindi ad esempio avere la capacità di camminare entro i 18 mesi, stare seduti entro i 9 mesi, e via dicendo”.

Quanti casi avete potuto risolvere in questo modo?

“Ad oggi sono stati trattati 125 bambini con due copie del gene SMN1 e prevediamo di trattarne altri cinque o sei con le tre copie”.

Altri ancora potrebbero rimanere fuori dai protocolli, si dice, in via cautelativa. Come si spiega questa discrepanza?

“Questo potrebbe succedere per via della limitazione data dal peso, fissato a 13 chili e mezzo. Bambini di 3-4 anni che pesano meno di 13 chili e mezzo sono un po’ difficili da trovare, ma noi speriamo che i dati che stiamo raccogliendo con nuovi trial clinici, che sono in corso in questi anni, ci dimostrino che anche i bambini ammessi ai trattamenti fino ai 21 chili di peso sono esenti da effetti collaterali, con una buona safety, una comprovata efficacia, e quindi poi prevedere, o sperare, in una estensione ulteriore delle terapie, da offrire anche ai bambini più grandi”.

Insomma, un passaggio importante.

“Credo che stiamo attraversando una fase storica cruciale, che per noi comunità scientifica, ma soprattutto per i pazienti, è decisamente eccezionale, per cui siamo contenti e soddisfatti di vivere questo momento”.

Da qui la necessità di estendere lo screening neonatale in tutte le regioni d’Italia. Con quali vantaggi?

“La somministrazione precoce della terapia genica consente di ottenere risultati migliori al fine di arrestare la progressione di malattia: la diagnosi prenatale, aumentando la probabilità di identificare i pazienti affetti dalla patologia quando sono presintomatici, svolge una parte decisiva, in termini di successi terapeutici. Occorre tenere conto del fatto che la degenerazione dei motoneuroni inizia prima della nascita, si intensifica rapidamente e il processo è irreversibile. L’aspetto innovativo di questo trattamento è che interviene direttamente sul difetto genetico, come un cerotto sul gene malato, mediante un’unica somministrazione; quindi una sola volta nella vita. In base agli studi clinici a disposizione, il trattamento precoce consente di ottenere tappe di sviluppo motorie che si avvicinano a quelle dei coetanei sani, come il controllo dei movimenti della testa e la capacità di sedersi normalmente, senza ricorrere a supporti ventilatori che altrimenti sarebbero necessari”.

Rivoluzione annunciata

Termina qui l’intervista a Marika Pane, direttore del Centro Clinico Pediatrico Nemo di Roma, professore associato in neuropsichiatria infantile presso l’Università Cattolica del sacro Cuore, intervista che proponiamo anche in modalità podcast al link sotto. La specialista ha coniato, a coronamento delle sue considerazioni nel definire l’evento, una espressione suggestiva, “un cerotto sul gene malato”, un patch che agisce direttamente sulla causa e che va a sopperire alla funzione del gene SMN1 mancante o malfunzionante. Il risultato è che i bambini trattati possono tagliare traguardi ambiziosi, percorrere tappe del neurosviluppo che prima sarebbero state inimmaginabili, come la capacità di camminare alla stregua dei coetanei.

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Epidemiologia e indicazioni

In Italia nascono ogni anno 40-50 bambini con atrofia muscolare spinale, prima causa di morte genetica infantile, caratterizzata dalla progressiva perdita delle capacità motorie. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 16 marzo scorso, AIFA amplia i criteri di rimborsabilità per onasemnogene abeparvovec, rendendolo disponibile anche per i bambini con SMA di tipo 2, oltre che i pazienti con atrofia muscolare spinale di tipo 1 diagnosticati clinicamente, per i quali il farmaco era stato autorizzato nel 2021.

Studi clinici

A supporto dell’estensione di rimborsabilità è stato determinante il completamento dello studio di fase III SPR1NT, che ha dimostrato come i piccoli pazienti con tre copie del gene di backup SMN2, trattati in modo pre-sintomatico, abbiano raggiunto traguardi motori appropriati alla loro età, inclusa la capacità di stare in piedi e di camminare. Lo stesso studio conferma, inoltre, l’importanza dello screening neonatale per la SMA, che aumenta in modo significativo la probabilità di identificare i pazienti affetti dalla patologia quando sono pre-sintomatici, rendendo possibile somministrare la terapia, nei primi giorni di vita, al 95% di bambini che diversamente svilupperebbero, a causa della mutazione genetica, le forme più gravi (fenotipi SMA1 – SMA2).

Gene mancante

Siamo di fronte alla prima terapia genica approvata per il trattamento dell’atrofia muscolare spinale (SMA) che affronta direttamente la causa genetica della malattia, sostituendo la funzione del gene SMN1 mancante o non funzionante allo scopo di fermare la progressione della malattia, con una singola somministrazione endovenosa. Questo è quanto è stato precisato a margine di una conferenza stampa tenutasi a Roma, organizzata da Golin Italy per Novartis.

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“L’estensione della rimborsabilità della terapia genica per l’atrofia muscolare spinale di tipo 2 da parte di AIFA – ha commentato Roberta Rondena, Country Value & Access Head – è un ulteriore passo significativo per i bambini che nascono con una diagnosi di SMA. Un traguardo importante, raggiunto grazie alla collaborazione con Istituzioni, Società Scientifiche e Associazione Pazienti che, auspichiamo, possa essere un modello virtuoso per il futuro. L’impegno di Novartis in questa area terapeutica continuerà per raggiungere sempre più pazienti, contribuendo a ridurre l’impatto della malattia e a garantire una migliore qualità di vita ai piccoli pazienti e alle loro famiglie”.

Monitoraggio

Il trattamento con Zolgensma (onasemnogene abeparvovec) prevede una singola infusione endovenosa, calcolata pro chilo, seguita da un attento follow-up post-infusione. Questo monitoraggio è essenziale per gestire e modulare qualsiasi eventuale reazione al trattamento, anche le rare complicanze (epatiti o trombocitopenie, ndr) possono essere smorzate all’esordio, in questo senso è possibile controllare la risposta immunitaria in condizioni di sicurezza.

I diversi tipi di SMA

L’atrofia muscolare spinale è stata classificata a seconda della gravità dei sintomi. L’età di esordio della SMA varia a seconda del tipo di malattia e del numero di copie del gene SMN2, che influenzano la produzione della proteina SMN, essenziale per la sopravvivenza dei neuroni motori.

SMA di Tipo I

La SMA di tipo I, nota anche come malattia di Werdnig-Hoffmann, è la forma più grave di SMA. I sintomi si manifestano entro i primi sei mesi di vita, compromettendo lo sviluppo delle capacità motorie, respiratorie e di deglutizione. I bambini affetti da questa forma di SMA spesso non sopravvivono oltre i due anni senza assistenza respiratoria meccanica, a causa delle difficoltà nel mantenimento delle funzioni vitali.

SMA di Tipo II

La SMA di tipo II presenta un esordio leggermente più tardivo, tra i 6 e i 18 mesi di età. I pazienti hanno un maggior numero di copie del gene SMN2, il che si traduce in una sintomatologia meno severa rispetto al tipo I. I bambini con SMA di tipo II possono sedersi, ma nella maggior parte dei casi non acquisiscono la capacità di camminare autonomamente. Con un trattamento adeguato, in particolare per l’insufficienza respiratoria, molti pazienti possono vivere ben oltre l’età adulta.

SMA di Tipo III e IV

Le forme SMA di tipo III e IV sono meno gravi e si manifestano in età adulta, con sintomi che includono tremori, debolezza e contrazioni muscolari. Queste forme esordiscono gradualmente, spesso a partire dall’adolescenza, e permettono ai pazienti di mantenere un maggiore grado di autonomia e una qualità di vita relativamente buona.

La ricerca continua a progredire nella comprensione e nel trattamento della SMA. La terapia genica e i farmaci che aumentano la produzione di proteina SMN stanno aprendo nuove speranze per i pazienti e le loro famiglie, offrendo la possibilità di migliorare significativamente la qualità di vita e l’aspettativa di vita di chi è affetto da questa patologia.

Ereditarietà

L’atrofia muscolare spinale è una malattia genetica che colpisce individui senza predilezioni di genere, vale a dire senza guardare in faccia a nessuno. Mancano evidenze che suggeriscano una prevalenza significativa di SMA in uno dei due sessi. La malattia è causata da mutazioni nel gene SMN o, meno frequentemente, nel gene SMN2, e queste mutazioni possono verificarsi in entrambi i sessi, indifferentemente.

La SMA è una malattia autosomica recessiva, il che significa che un individuo deve ereditare due copie del gene mutato, una da ciascun genitore, per manifestare la malattia. Maschi e femmine sono colpiti allo stesso modo, e le differenze nella manifestazione della malattia sono più strettamente correlate al numero di copie funzionali del gene piuttosto che al genere della persona in esame.