Un cervello virtuale per studiare i sintomi
Mnesys è la più grande ricerca italiana sulla mappatura cerebrale. Venticinque università e 115 milioni di euro stanziati col Pnrr
Nel nostro cervello ci sono 150 miliardi di neuroni in grado di realizzare ulteriori miliardi di connessioni attraverso le sinapsi (100 trilioni) – che messe in fila coprono 160.000 chilometri, pari a un terzo della distanza tra la Terra e la Luna – e che risiedono in due emisferi cerebrali, con un volume di pochi centimetri cubici e un peso medio inferiore a un chilo e mezzo. Tutto questo per consentirci, grazie al cervello, di avere funzioni motorie, parlare, percepire gli stimoli dell’ambiente esterno, provare emozioni, elaborare ricordi e pensieri. Tuttavia c’è ancora molto da scoprire e la ricerca scientifica sta indagando sui suoi meccanismi per capire come funziona, ma anche perché non funziona bene, come cambia nel corso della vita e con l’avanzare dell’età portando alle malattie del sistema nervoso e non solo a quelle neurodegenerative. In questo contesto l’Italia si è lanciata in una grande sfida, affascinante e misteriosa, per migliorare la conoscenza del cervello e giungere al trattamento delle malattie più diffuse, per diventare punto di riferimento internazionale col progetto “Mnesys“, la prima e più ampia “brain venture” realizzata nel nostro Paese.
«Avviato a fine 2022 con una durata di 3 anni e finanziato dal Pnrr con 115 milioni di euro a supporto di oltre 200 progetti che coinvolgono 500 tra scienziati e ricercatori medici, biologi, bioingegneri e informatici – Mnesys è un progetto imponente e complesso – spiega Antonio Uccelli, ordinario di Neurologia all’Università di Genova, e direttore scientifico del progetto –. Un programma di ricerca che prevede la realizzazione di una rete di collaborazione tra 12 atenei pubblici e privati e 13 tra istituti di ricerca, Irccs e imprese, ma che a breve coinvolgerà altri enti di primo piano».
Ed è nell’ambito di “Mnesys“, che per la prima volta in Italia, si è riusciti a sviluppare il cervello virtuale, cioè rappresentazioni digitali multiscala dei neuroni, dei microcircuiti e delle reti neurali fino all’intero cervello, attraverso dati di risonanza magnetica che consentono di mappare le sue aree funzionali su un atlante digitale del cervello. Successivamente vengono applicati dei modelli neurali che permettono di replicare a tutti gli effetti il reale comportamento del cervello e consentono di generare onde cerebrali molto simili a quelle dell’elettroencefalogramma.
«Questi avatar digitali consentono di studiare in dettaglio le funzioni cerebrali che emergono nel corso di patologie del sistema nervoso – aggiunge Egidio D’Angelo, ordinario di Fisiologia all’Università di Pavia e responsabile del progetto di modellistica del cervello –. In “Mnesys” sono in fase di sviluppo studi di malattie neurologiche come demenze, malattia di Parkinson, autismo e schizofrenia. Lo sviluppo più avanzato della tecnologia multiscala sono i “Brain Digital Twins“, le copie digitali del cervello di singoli pazienti. All’università di Pavia vengono generati i Twins attraverso l’elaborazione, mediante algoritmi matematici, di dati anagrafici, clinici, di laboratorio e diagnostici. Ciò permette di simulare stati funzionali e parametri neurali non rilevabili attraverso la valutazione clinica e diagnostica. I Twins potranno essere di notevole aiuto per migliorare la diagnosi, predire l’evoluzione di una determinata patologia e definire l’approccio farmacologico ed interventistico più appropriato.
Connessioni nervose e microbiota
Il cervello parla con il corpo e lo influenza. Comprendere la connessione tra il cervello e il resto del corpo è un altro degli obiettivi di Mnesys, per indagare il modo in cui il cervello interagisce con l’ambiente. «Stiamo ad esempio registrando – sottolinea Patrizia Fattori, ordinaria di Fisiologia all’Università di Bologna – le scariche elettriche che passano da un neurone all’altro per capire cosa si dicono, come se ascoltassimo delle intercettazioni telefoniche, allo scopo di decriptare informazioni riguardo i comandi motori».
«Si sta lavorando a una nuova generazione di dispositivi cervello-macchina, che includerà ad esempio sedie a rotelle avanzate ed esoscheletri controllati con il pensiero. Per fare ciò, un punto cruciale è riuscire a “leggere” l’intenzione del movimento in chi soffre di deficit motori che impediscono il normale controllo sul corpo e i muscoli. Queste conoscenze di base consentiranno di aiutare pazienti come chi ha una lesione del midollo spinale che causa la disconnessione del cervello dai muscoli, o, in caso di ictus, per aumentare la loro autonomia».
Ma anche il corpo influenza il cervello, non solo attraverso connessioni nervose, ma anche con segnali provenienti dal microbiota: «Individuare quali, fra questi segnali, possano influenzare la salute del cervello e avere un ruolo nelle malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, è uno dei nostri obiettivi – prosegue Fattori -. Recenti studi evidenziano che l’infiammazione del colon anticipa l’insorgenza dei difetti di memoria dell’Alzheimer».
La risposta nelle neuroscienze
Tra gli obiettivi della ricerca Mnesys, presentata al “Primo Forum Nazionale delle Neuroscienze“, ci sono lo sviluppo di nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce e l’identificazione di nuovi bersagli cellulari e molecolari, per approcci farmacologici innovativi.
Un milione di italiani convivono con diverse forme di demenza: 600mila sono malati di Alzheimer, 400mila sono colpite dal Parkinson, mentre la multipla interessa 90mila persone. Numeri molto elevati anche per i casi di ictus, con 200mila nuove diagnosi ogni anno e circa 1 milione di persone che vivono con gli esiti invalidanti della malattia, mentre la depressione affligge quasi 3 milioni di italiani.
Sono i numeri dell’attuale situazione, ma il ministero della Salute stima prevede, riguardo alle malattie del sistema nervoso, un’incidenza di nuovi casi che ogni anno è pari al 7,5% della popolazione italiana e una prevalenza del 30%.