Terapia del dolore, il diritto a non soffrire è legge
Il dolore va trattato quando diventa invalidante, e non solo nei pazienti terminali. E i farmaci, come il Fentanyl, sono ben collaudati
"Lasciare soffrire i pazienti non è etico - afferma Franco Marinangeli, professore ordinario di Anestesia e Rianimazione, Università degli Studi de L'Aquila -. E il diritto a non soffrire è sancito dalla legge 38/2010”. I farmaci a disposizione sono numerosi e ben collaudati".
La sofferenza del paziente a causa di dolore acuto (come per esempio nel decorso post-operatorio) o cronico (come quello oncologico) non è giustificata. “Rispetto a quindici anni fa, oggi la prescrizione degli oppioidi a scopo terapeutico è semplificata ed è aumentata la consapevolezza nella classe medica dell'importanza e della sicurezza di questo strumento per la cura del dolore, e non solo nel paziente oncologico”, prosegue il professor Marinangeli.
Ma ci sono ancora molti aspetti da migliorare e implementare. Per esempio, si fa ancora confusione fra terapia del dolore e cure palliative: il dolore non deve essere trattato solo nei pazienti terminali, ma ogni volta che si presenta in maniera invalidante.
C’è poi un tema organizzativo: “In tutti gli ospedali dovrebbero essere presenti centri per il dolore accreditati secondo la norma e organizzati secondo il sistema hub & spoke, ma, specialmente con la pandemia COVID, abbiamo assistito a una battuta d'arresto nell'implementazione della rete del dolore per una carenza di anestesisti-rianimatori, che sono i referenti dei centri del dolore”, spiega Marinangeli. In pratica, “molto è stato fatto, altro resta ancora da fare, ma la legge 38 rimane un punto di riferimento per tutti".