Nuovi anticorpi biologici. Ora il lupus fa meno paura
È una malattia autoimmune: colpisce soprattutto la pelle e anche altri organi

È una malattia autoimmune: colpisce soprattutto la pelle e anche altri organi
La denominazione di lupus fu utilizzata per indicare le malattie della pelle caratterizzate da ulcere simili a quelle prodotte dal morso del lupo. Successivamente, il termine fu associato all’aggettivo “eritematoso” per descrivere il colore rossastro delle manifestazioni cutanee. Lo si classifica con il termine LES (malattia eritematosa sistemica), una malattia cronica di natura autoimmune, che può colpire diversi organi e tessuti del corpo. È ancor oggi una malattia enigmatica, i cui fattori patogenetici sono in larga misura sconosciuti. Numerose evidenze suggeriscono tuttavia che alterazioni della risposta immunitaria innata e adattativa, dovute in parte a fattori ambientali, in parte alla predisposizione genetica, contribuiscano a indurre la malattia, che affligge in Europa circa 1 persona su 1.000, prevalentemente femmine colpite 9 volte più dei maschi. Il picco di incidenza è tra i 20 e i 35 anni e l’andamento è cronico-recidivante.
I sintomi più frequenti sono a livello cutaneo e articolare. L’eritema caratteristico della malattia, il cosiddetto rash ‘a farfalla’, interessa il volto nella regione a cavallo del naso, ma può presentarsi in qualsiasi organo e apparato. Si manifesta nelle fasi iniziali con febbre, artralgia, ingrossamento dei linfonodi. Essendo questi segni e sintomi comuni a numerose altre malattie, non vengono considerati tra i criteri diagnostici di lupus. Chinino e acido acetisalicilico costituirono fino a metà del XX secolo il tentativo di salvaguardia contro il lupus, quando venne dimostrata l’efficacia dei corticosteroidi nel trattamento della malattia. Oggi si usano antimalarici, immunosoppressori e cortisonici nelle fasi acute.
Prima regola comportamentale: protezione dalla luce solare, sospensione del fumo di sigaretta, igiene del sonno, attività fisica regolare, una sana alimentazione per ridurre il sovrappeso. Una percentuale compresa tra il 60 e l’80% dei casi di lupus eritematoso sistemico può sviluppare complicazioni nefrologiche e, nei casi più gravi e non adeguatamente trattati, anche insufficienza renale. Complicazioni del lupus possono coinvolgere anche l’apparato cardiovascolare. Da ricordare che non esiste una cura definitiva per le malattie autoimmuni, ma il trattamento mira a controllare i sintomi, rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita del paziente.
Le opzioni di trattamento possono variare a seconda del tipo di malattia e dei sintomi specifici. L’adeguato controllo dell’iter terapeutico può consentire anche la gravidanza. In passato per le donne colpite da lupus la strada della gravidanza era praticamente preclusa, soprattutto per la possibilità di trasmettere la malattia al piccolo. Si chiama lupus neonatale, trasmesso dalla madre attraverso la placenta. Oggi avere un bambino per queste donne non è più un tabù, vanno però sorvegliate molto attentamente e la gravidanza va programmata in un periodo di remissione dalla malattia, in modo da scongiurare il pericolo per il bambino ed evitare il ricorso ai farmaci durante la gestazione. Anche questa è una conquista degli ultimi anni, associata a studi terapeutici in atto, fra i quali sono di particolare interesse gli anticorpi monoclonali (farmaci biologici) che hanno come bersaglio le molecole coinvolte nella risposta immunitaria e che stanno dando buoni risultati, come il belimumab, ad esempio, recentemente approvato dall’FDA. È presto per dire che stiamo valicando il crinale dell’impossibile. Ma c’è una luce nuova in fondo al tunnel della malattia autoimmune.