Nuove tecniche di imaging migliorano la diagnosi delle 'mosche volanti'

Le 'mosche volanti' nel campo visivo ora sono più visibili grazie a tecniche avanzate di imaging, migliorando diagnosi e terapie.

di Redazione Salus
8 dicembre 2024
Le 'mosche volanti' nel campo visivo ora sono più visibili grazie a tecniche avanzate di imaging, migliorando diagnosi e terapie.

Le 'mosche volanti' nel campo visivo ora sono più visibili grazie a tecniche avanzate di imaging, migliorando diagnosi e terapie.

Fino al 76% della popolazione ha saltuariamente ‘mosche volanti’ nel campo visivo e in 1 caso su 3 questo compromette una buona visione. Grazie a nuove tecniche di imaging che consentono di fotografare la retina in tutta la sua superficie, le ‘mosche volanti’ si possono finalmente visualizzare con maggiori dettagli e la diagnosi può essere più precisa e tempestiva. Sempre più efficaci anche le possibilità di terapia, attraverso interventi chirurgici mininvasivi.

La probabilità di sviluppare questo sintomo è circa 4 volte più alta in chi ha difetti come miopia, ma pare possa crescere anche con l’uso massiccio degli smartphone e dei computer: la luce blu degli schermi potrebbe accelerare la degenerazione del corpo vitreo alla base del fenomeno, che spesso è innocuo ma può diminuire fino al 67% la sensibilità al contrasto, peggiorando la qualità di vita, e in alcuni casi è il primo sintomo di un distacco di retina.

"Le opacità del vitreo, percepite in genere come ombre o filamenti fluttuanti, dipendono da alterazioni nella struttura del corpo vitreo, la ‘gelatina’ che riempie l’interno dell’occhio e che è fondamentale per mantenerne la trasparenza e la stabilità meccanica – spiega Stanislao Rizzo, presidente del congresso FLORetina ICOOR 2024 (che si è appena concluso a Firenze), direttore del Dipartimento di Oculistica del Policlinico A. Gemelli IRCCS e ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma –. Con l’avanzare dell’età, o anche in presenza di miopia elevata, il corpo vitreo subisce una progressiva liquefazione e può distaccarsi dalla parte posteriore dell’occhio, due fattori che contribuiscono alla formazione delle ‘mosche volanti".

"Si tratta di opacità spesso innocue, ma si stima che nel 33% dei casi possano compromettere la visione e per esempio diminuire fino al 67% la sensibilità al contrasto – aggiunge Francesco Faraldi, Direttore della Divisione di Oculistica dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano – Umberto I di Torino –. Anche se l’acuità visiva non è compromessa, ciò comporta un drastico peggioramento della qualità di vita: i pazienti lamentano difficoltà visive e un impatto negativo su attività quotidiane come la lettura o la guida. Inoltre, non devono essere sottovalutate perché possono essere il primo segno di un distacco della retina".

Fino a oggi la gestione dei corpi mobili vitreali è stata complicata anche perché non esistevano metodi standardizzati per documentarli e c’era un netto divario fra i sintomi riferiti dal paziente e ciò che l’oculista riusciva a osservare. Nuove tecniche di imaging stanno però finalmente cambiando la possibilità di diagnosi, come continua Daniela Bacherini, ricercatrice in Malattie dell’Apparato Visivo presso il Dipartimento di Neurofarba dell’Università degli Studi di Firenze: "Le tecnologie di imaging dinamico del vitreo e di imaging a campo ultra-largo (ultra-widefield) integrate con scansioni OCT consentono una visualizzazione più dettagliata di una struttura finora difficile da osservare, permettendo di analizzare con precisione la densità, la posizione e il movimento delle opacità vitreali. Le nuove tecnologie consentono di catturare dettagli tridimensionali e dinamici delle anomalie vitreali, migliorando significativamente la comprensione di ciò che i pazienti percepiscono come “mosche volanti".

"Tutto questo consente di uniformare le valutazioni e migliorare le diagnosi, fornendo dati oggettivi che possono essere correlati ai sintomi riferiti dai pazienti, oltre che essere utili per strategie di trattamento più efficaci e personalizzate. Oggi la vitrectomia mini-invasiva rappresenta un’opzione per i casi più gravi", conclude Rizzo.