Malattie reumatologiche, cosa succede dopo la diagnosi: il 61% dei pazienti lascia il lavoro
Una indagine rivela che i 5 milioni di italiani sono affetti da 150 diverse forme di questa patologia. Ripercussioni affettive e psicologiche, fino all’isolamento sociale. Cosa fare per affrontare le cure con serenità
Quando si scopre di essere affetti da una malattia reumatologica si provano sentimenti ambivalenti: lo smarrimento, la paura si confondo con la rabbia, persino con l’idea di non essersi presi cura abbastanza della propria persona, ma anche il sollievo per aver dato un nome al grave malessere, così da non sentirsi più considerati, anche dai famigliari, come dei malati immaginari.
Ma questa è sola la punta dell'iceberg dei risultati della ricerca condotta da WeResearch per conto dell'Associazione Nazionale persone con malattie reumatologiche e rare (Appmarr) in occasione del suo quarantesimo anniversario.
L'obiettivo era indagare gli impatti di queste patologie sulla qualità di vita di tantissime persone: in Italia sono più di 5 milioni, quasi il 10% della popolazione nazionale, i malati affetti da una delle oltre 150 patologie reumatologiche. Malattie che rappresentano la seconda principale causa di disabilità in Europa, dopo quelle cardiovascolari.
Il 61% dei pazienti lascia il lavoro
Il ritratto che emerge dall’indagine “Vivere con una patologia reumatologica”, è impietoso. La qualità della vita post diagnosi è peggiorata per quasi una persona su due (48,9%) e tra gli ambiti più colpiti spiccano il lavoro, con il 60,8% delle persone che sono state costrette ad abbandonarlo o a ridurre i carichi, lo sport e la sfera affettiva e relazionale. Ansia e paura sono gli stati d’animo più comuni di fronte all’avvio o al cambio della terapia farmacologica. “La diagnosi di una patologia reumatologica, ancora troppo spesso, è una sentenza che costringe le persone a dover cambiare i loro progetti di vita con costi emotivi e sociali molto alti”, dichiara Antonella Celano, presidente Apmarr.
Farmaci biologici spartiacque
L' impatto della diagnosi è diretto e peggiorativo sulla qualità della vita delle persone colpite da malattie reumatologiche. Più di 7 persone su 10 (70,9%) infatti sono state costrette a dover cambiare e/o modificare il proprio progetto di vita in seguito alla diagnosi, con punte che superano l’80% (83,3%) tra coloro che hanno ricevuto la diagnosi prima del 2000, anno spartiacque per le cure in reumatologia grazie allo sviluppo e all’arrivo, tra le opzioni terapeutiche, dei farmaci biologici. I principali ambiti in cui si manifestano questi cambiamenti riguardano il lavoro (71,7%), dove più di 6 persone su 10 (60,8%) con una patologia reumatologica sono state costrette ad abbandonare e/o a ridurre l’attività lavorativa, seguono poi lo sport (38,9%) e la sfera delle relazioni affettive con il partner (32,8%). In quest’ultimo caso più della metà del campione (56,6%) dichiara di aver avuto problemi nella relazione con il partner a seguito della diagnosi, con effetti diretti anche rispetto ai rapporti sessuali con difficoltà riscontrate per oltre 3 persone su 4 (79,4%). Problematicità che per fortuna solo in meno di un caso su 5 (17,1%) hanno portato ad un allontanamento con il partner. In generale, il 48,9% del campione di persone affette da una delle oltre 150 patologie reumatologiche dichiara che la qualità della vita è peggiorata dal momento della diagnosi, percentuale che sale al 53,2% nella fascia di età compresa tra i 65 e i 75 anni.
Ansia e paura anche per le cure
Dalla ricerca, condotta su un campione nazionale di 1.627 persone tra affette da patologie reumatologiche (274), caregiver di persone con malattie reumatologiche (100) e popolazione generale non colpita da queste patologie (1.253), emerge che ansia (40,9%) e paura (37,6%) già provate al momento della diagnosi, ritornano come sentimenti principali e negativi anche nel momento dell’avvio della terapia farmacologica: solo il 9,1% dichiara di essersi sentito tranquillo all’inizio delle cure. E si acuiscono ancora di più di fronte ai cambiamenti nella terapia farmacologica, non certo infrequenti visto che il 41,5% del campione dichiara di aver modificato il farmaco per le cure da 3 a 4 volte e quasi in un caso su 5 (17,9%) dalle 5 alle 6 volte. Cambiamenti che generano delusione in quasi 4 casi su 10 (39,1%), ansia nel 38,7% e paura nel 38,1% del campione. La fiducia è vissuta da meno di una persona su 5 (19,8%) e solo il 3,4% si è dichiarato tranquillo di fronte al cambiamento della terapia farmacologica.
L’associazione: "Diritto alla salute”
“Come Apmarr siamo impegnati fin dalla nostra fondazione, avvenuta 40 anni fa, per tutelare e difendere il diritto alla salute delle persone con patologie reumatologiche e rare, perseguendo la nostra mission: migliorare la qualità dell’assistenza per migliorare la qualità della vita – chiarisce la presidente Antonella Celano –. Una qualità della vita che per le persone affette da una patologia reumatologica, come emerge dalla nostra indagine, è ancora fortemente frenata rispetto a diversi ambiti quali, in primis, quello lavorativo e delle relazioni sociali. Chiediamo quindi alle Istituzioni interventi mirati con un rafforzamento del piano nazionale della cronicità e un impegno costante per garantire il diritto alla salute agli oltre 5 milioni di italiani affetti da una delle oltre 150 patologie reumatologiche affinché la diagnosi non equivalga a una sentenza, costringendo le persone a dover cambiare i loro progetti di vita con costi emotivi, sanitari e sociali molto alti”, conclude Celano.
Malattia reumatologica, "Forme di isolamento sociale”
“L’impatto invalidante delle patologie reumatiche è evidente, non solo per la limitazione fisica e comportamentale che spesso ci si trova ad affrontare, ma anche per la riconfigurazione della propria immagine di sé come persone – chiarisce Guendalina Graffigna, docente di Psicologia dei Consumi e della Salute presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona e direttrice del Centro di Ricerca EngageMinds Hub –. Dal punto di vista psicologico-emotivo la diagnosi e l’esperienza della malattia si accompagna spesso ad una perdita di senso di autoefficacia, ad autolimitazioni nelle attività professionali e quotidiane, a forme di isolamento sociale. Peggiora il quadro la scarsa consapevolezza che l’opinione pubblica ha circa questo invalidante impatto delle malattie reumatiche e la tendenza a stereotipizzare queste diagnosi come tipiche dell’età avanzata: elementi che tendono a stigmatizzare la malattia e a far sentire isolato e poco compreso chi ne soffre”.
Malattia reumatologica, deficit d’informazione
Prendendo in considerazione il solo campione della popolazione generale non affetta da patologie reumatologiche, emerge come l’85,7% abbia sentito almeno parlare di queste malattie contro un 15,3% che invece non le ha nemmeno sentite nominare, percentuale che sfiora un quinto del campione sia nella fascia d’età compresa tra i 16 e i 40 anni (18,3%) sia in quella tra i 65 e i 75 anni (19,1%) e nel Nord Ovest (18,4%). Rispetto alla conoscenza circa le patologie reumatologiche si evince un enorme deficit: il 78,1% di coloro che ne hanno almeno sentito parlare dichiara di avere informazioni per niente o poco complete su queste malattie. Tra le principali fonti d‘informazione sulle patologie reumatologiche spiccano il medico di base (43,5%), i forum di discussione (30%) e i siti istituzionali e governativi (22,6%); da notare come solo in poco più di un caso su 10 (10,1%) siano le associazioni di pazienti attive in ambito reumatologico ad essere delle fonti informative per i cittadini italiani.
Malattia reumatologica, l’80% non fa analisi preventive
Risultati sconfortanti emergono anche rispetto alla prevenzione visto che il 78,3% degli italiani non ha mai effettuato delle analisi e/o dei controlli per verificare di essere affetto da una patologia reumatologica, una percentuale che sale ancora di più nella fascia d’età compresa tra 41 e 64 anni (80,5%). Tra quei pochi cittadini che si sono sottoposti a visite e screening preventivi contro le malattie reumatologiche i controlli, in più di un terzo dei casi (31,4%) risalgono a prima del 2018.
“Questa mancanza di informazioni nella popolazione si traduce in una bassa incidenza delle analisi effettuate per verificare di essere affetti o non affetti da una patologia reumatologica - spiega Matteo Santopietro, Senior Market Researcher presso l’Istituto di ricerca WeResearch - Le campagne informative delle associazioni pazienti, come Apmarr, sono fondamentali per tradurre la conoscenza delle patologie reumatologiche in atti concreti quali sono, in particolare, le diagnosi precoci”.
Malattia reumatologica, deficit di comunicazione medico-paziente
Un altro aspetto chiave che emerge come ambito di miglioramento riguarda la comunicazione tra medico e paziente. "Fra tutti gli ambiti analizzati quali lavoro, sport e aspetti relazionali mi ha colpito specialmente la reazione dei pazienti quando iniziano una terapia farmacologica: soltanto uno su 10 si mostra tranquillo e questo dato si dimezza se dobbiamo prendere in considerazione ogni cambio di terapia, che purtroppo avviene spesso - dichiara Luis Severino Martin Martin, presidente del CReI, Collegio dei Reumatologi Italiani –. Questo dato, sicuramente preoccupante, contrasta con l'entusiasmo che spesso proviamo noi sanitari quando offriamo una terapia innovativa che certamente potrà migliorare la qualità della vita del paziente. È evidente – conclude Martin – che dobbiamo ancora imparare molto su come comunicare con i nostri pazienti, trasmettendo loro più entusiasmo e notizie rassicuranti e meno informazioni tecnico-scientifiche che potranno essere approfondite in un secondo momento".
Malattia reumatologica, più assistenza col Ddl 946
“La Società Italiana di Reumatologia – SIR ha fra i suoi obiettivi principali il miglioramento della salute del malato reumatico – afferma Gian Domenico Sebastiani, presidente SIR – Per conseguire questo ambizioso obiettivo ha messo in atto una serie di azioni sia nell’ambito dell’interlocuzione politica che in quello del miglioramento della conoscenza di queste patologie presso i decisori politici e la popolazione in generale, ottenendo importanti risultati quali ad esempio il DDL 946 volto al potenziamento dell’assistenza al malato reumatico”. I dati sono stati presentati presso Palazzo Santa Chiara a Roma; l'evento ha ricevuto il patrocinio di Senato della Repubblica, Istituto Superiore di Sanità, Agenas - Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, Sir, CReI, Fimmg Federazione Italiana Medici di Medicina Generale e Fnomceo Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri.