L'inquinamento incide sul rischio di infezione e mortalità nei pazienti Covid

A confermare la connessione tra qualità dell'aria e Sars-Cov2 anche i risultati di EpiCovAir, un progetto epidemiologico nazionale di ricerca italiana

di Redazione Salus
22 giugno 2023
woman closes her nose with hand because of bad traffic pollution

L’inquinamento ha contribuito ad aggravare gli effetti del Covid, secondo due studi entrambi pubblicati sull’European Respiratory Journal. A confermare queste teorie anche i risultati di EpiCovAir, un progetto epidemiologico nazionale di ricerca italiana su Covid- 19 e inquinamento promosso dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente.

 

Secondo lo studio di Tim Nawrot dell’Università di Hasselt in Belgio, l’effetto dell’inquinamento sul tempo trascorso in ospedale da un paziente è equivalente a quello di essere dieci anni più vecchi. Al contrario, la riduzione dell’esposizione all’inquinamento è stata efficace nel ridurre i tempi di degenza dei pazienti in maniera simile all’effetto sui tempi di degenza offerto da alcuni dei migliori trattamenti disponibili.

 

Nel secondo studio, dell’Università di Copenaghen, i ricercatori hanno utilizzato i dati relativi a tutti i 3,7 milioni di danesi di età pari o superiore a 30 anni per stabilire l’impatto dell’inquinamento atmosferico sul Covid. E’ emerso che l’aumento dell’esposizione a lungo termine al biossido di azoto e alle polveri sottili, anche a livelli ben inferiori agli attuali limiti europei, aumenta il rischio di contrarre il Covid, di ricovero e di morte.

 

Venendo, infine al lavoro italiano, anche in questo caso gli scienziati hanno confermato un legame tra incidenza di infezioni da Sars-Cov2, mortalità per Covid-19 ed esposizione di lungo periodo (2016-2019) ad alcuni fra i principali inquinanti atmosferici in Italia, come  il biossido di azoto (No2) e il particolato atmosferico (Pm2.5 e Pm10).  Le indagini hanno riguardato circa 4 milioni di casi di Sars-Cov-2 e 125mila decessi registrati dal Sistema nazionale di sorveglianza integrata Covid-19 tra i 60 milioni di italiani residenti in 7800 comuni durante le prime tre ondate epidemiche (da febbraio 2020 a giugno 2021), con un’incidenza di 67 casi infetti su 1000 abitanti e un tasso di letalità di 31 decessi ogni 1000 persone contagiate. La distribuzione geografica di infezione e decessi mostra incidenza e letalità più alte nelle aree del nord Italia, che hanno anche più elevati livelli di inquinamento atmosferico di lungo periodo. Questo vale particolarmente nella prima ondata dell’epidemia, che si è originata e propagata a partire dalle regioni settentrionali, mentre le distribuzioni dei casi e dei decessi sono più omogenee sul territorio nazionale nella seconda e terza fase pandemica. Le analisi effettuate, spiegano gli autori, tengono conto di numerose variabili geografiche, demografiche, socio-economiche, sanitarie, così come della mobilità della popolazione durante la pandemia grazie ai dati forniti da Enel X sui flussi di traffico per tutti i comuni italiani.