L'inquinamento incide sul rischio di infezione e mortalità nei pazienti Covid
A confermare la connessione tra qualità dell'aria e Sars-Cov2 anche i risultati di EpiCovAir, un progetto epidemiologico nazionale di ricerca italiana
L’inquinamento ha contribuito ad aggravare gli effetti del Covid, secondo due studi entrambi pubblicati sull’European Respiratory Journal. A confermare queste teorie anche i risultati di EpiCovAir, un progetto epidemiologico nazionale di ricerca italiana su Covid- 19 e inquinamento promosso dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente.
Secondo lo studio di Tim Nawrot dell’Università di Hasselt in Belgio, l’effetto dell’inquinamento sul tempo trascorso in ospedale da un paziente è equivalente a quello di essere dieci anni più vecchi. Al contrario, la riduzione dell’esposizione all’inquinamento è stata efficace nel ridurre i tempi di degenza dei pazienti in maniera simile all’effetto sui tempi di degenza offerto da alcuni dei migliori trattamenti disponibili.
Nel secondo studio, dell’Università di Copenaghen, i ricercatori hanno utilizzato i dati relativi a tutti i 3,7 milioni di danesi di età pari o superiore a 30 anni per stabilire l’impatto dell’inquinamento atmosferico sul Covid. E’ emerso che l’aumento dell’esposizione a lungo termine al biossido di azoto e alle polveri sottili, anche a livelli ben inferiori agli attuali limiti europei, aumenta il rischio di contrarre il Covid, di ricovero e di morte.
Venendo, infine al lavoro italiano, anche in questo caso gli scienziati hanno confermato un legame tra incidenza di infezioni da Sars-Cov2, mortalità per Covid-19 ed esposizione di lungo periodo (2016-2019) ad alcuni fra i principali inquinanti atmosferici in Italia, come il biossido di azoto (No2) e il particolato atmosferico (Pm2.5 e Pm10). Le indagini hanno riguardato circa 4 milioni di casi di Sars-Cov-2 e 125mila decessi registrati dal Sistema nazionale di sorveglianza integrata Covid-19 tra i 60 milioni di italiani residenti in 7800 comuni durante le prime tre ondate epidemiche (da febbraio 2020 a giugno 2021), con un’incidenza di 67 casi infetti su 1000 abitanti e un tasso di letalità di 31 decessi ogni 1000 persone contagiate. La distribuzione geografica di infezione e decessi mostra incidenza e letalità più alte nelle aree del nord Italia, che hanno anche più elevati livelli di inquinamento atmosferico di lungo periodo. Questo vale particolarmente nella prima ondata dell’epidemia, che si è originata e propagata a partire dalle regioni settentrionali, mentre le distribuzioni dei casi e dei decessi sono più omogenee sul territorio nazionale nella seconda e terza fase pandemica. Le analisi effettuate, spiegano gli autori, tengono conto di numerose variabili geografiche, demografiche, socio-economiche, sanitarie, così come della mobilità della popolazione durante la pandemia grazie ai dati forniti da Enel X sui flussi di traffico per tutti i comuni italiani.