Giornata mondiale contro la polmonite: cosa c’è da sapere

Il 12 novembre è il Word Pneumania Day. La malattia è tra le più letali al mondo, soprattutto nei bambini e nei Paesi in via di sviluppo

di Redazione Salus
11 novembre 2024
Giornata mondiale contro la polmonite

Giornata mondiale contro la polmonite

Se n’è ampiamente sentito parlare durante le fasi più critiche della pandemia di Covid-19: la polmonite, una seria infiammazione degli alveoli polmonari, non è mai stata e non è ancora oggi una malattia con la quale scherzare. Anzi. Lo shock pandemico che ha colpito la comunità internazionale, per fortuna, ha contribuito a mantenere alto il livello di allerta a riguardo, anche se forse non tutti sanno che alla patologia - proprio per sensibilizzare sul tema - è stata anche dedicata una giornata internazionale che si ricorda ogni 12 novembre.

La polmonite

Di origine batterica o virale, a seconda dei casi, la polmonite infiamma le minuscole sacche d’aria nei polmoni dove avviene lo scambio di ossigeno con il sangue. Generalmente il fattore patogeno è lo Streptococcus pneumoniae, mentre il virus respiratorio sinciziale può essere un’altra causa piuttosto comune.

Negli scenari più preoccupanti, la patologia può portare a difficoltà respiratorie significative, febbre alta, dolore al petto e tosse con espettorato (la sostanza viscosa che è comunemente conosciuta con il nome di catarro). Massima attenzione dovrebbe essere posta in questi casi ai soggetti fragili come i bambini piccoli, gli anziani o le persone con un sistema immunitario compromesso (come i soggetti HIV+, ma ovviamente non solo): la polmonite può infatti risultare fatale se non trattata in modo tempestivo.

Sensibilizzazione al centro

L’American Lung Association - con sede a Chicago, negli Stati Uniti - ricorda che l’importanza di una Giornata Internazionale contro la polmonite risiede nel fatto che essa rappresenta una malattia “che può colpire in qualsiasi momento e ovunque”.

I pazienti che hanno 65 anni o più presentano in realtà un rischio di essere ricoverati in ospedale a causa della polmonite pneumococcica di 13 volte superiore rispetto agli adulti più giovani (di età compresa tra 18 e 49 anni). Inoltre, per chi deve essere ospedalizzato, la permanenza media in ospedale è di circa sei giorni.

Purtroppo, in giro per il mondo, non tutti hanno la possibilità di avere un equo accesso a delle cure in grado di salvare potenzialmente milioni di vite umane. Ogni anno, la polmonite causa circa 2,5 milioni di decessi nel mondo, di cui circa 670.000 bambini sotto i cinque anni, secondo i dati forniti dagli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Questi numeri sono particolarmente allarmanti in alcuni Paesi dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale, dove la mortalità infantile legata alla polmonite è ancora elevata a causa delle scarse risorse sanitarie, della mancanza di accesso agli antibiotici e di condizioni di vita spesso precarie.

Vaccini, ma non solo

Come lottare in modo efficace contro una simile piaga, dunque? I vaccini, certo, svolgono un ruolo cruciale quando si tratta di prevenire la polmonite di origine virale, proprio come quella legata alla diffusione dell’arcinoto Coronavirus. Ma non basta.

Al di là della vaccinazione è cruciale anche promuovere pratiche igieniche e il miglioramento delle condizioni ambientali e nutrizionali, specialmente per i bambini e le famiglie più vulnerabili. È importante sensibilizzare sull’allattamento al seno, che aiuta a rafforzare il sistema immunitario dei neonati, e garantire un’alimentazione adeguata, poiché la malnutrizione rappresenta uno dei tanti fattori di rischio per la polmonite nelle popolazioni più povere.