Giornata mondiale del Parkinson: storie vere oltre la retorica del tremore
Il documentario ‘Dialoghi con Mister Parkinson’ è un racconto per avvicinarsi e comprendere meglio questa patologia. Il dialogo aiuta a convivere con i sintomi (spesso invisibili) e avere maggiore consapevolezza: un aiuto per pazienti e cargiver

“Detestabile Mister Parkinson”: così esordisce la lettera firmata dal giornalista Vincenzo Mollica all’interno del documentario “Dialoghi con Mr. Parkinson”, un progetto intenso e coraggioso promosso dalla Confederazione Parkinson Italia con il supporto non condizionante di Zambon.
Il documentario, diffuso in occasione della Giornata Mondiale del Parkinson, 11 aprile, abbandona ogni retorica e affronta la patologia con uno sguardo diretto, umano e autentico.
Mister Parkinson non è più solo un nome: è una figura antropomorfa, provocatoria e beffarda, con cui dialogano tre pazienti (Giangi, Valentina e Roberto), una caregiver (Rossana) e un clinico di riferimento (il prof. Paolo Calabresi). Questi incontri rivelano una verità scomoda e urgente: il Parkinson non è solo tremore.

Parkinson: un documentario oltre la retorica del tremore
Il documentario racconta veramente cosa significhi convivere con questa patologia, non soltanto per chi ne è affetto, ma anche dei caregiver. Oltre a demolire i luoghi comuni. Per molti, infatti, sorprendentemente, il tremore non è né il sintomo più frequente né quello più insopportabile. Secondo l’indagine “Parkinson: uno, nessuno e centomila”, realizzata da AstraRicerche su oltre 500 pazienti e caregiver, 1 persona su 2 non sperimenta il tremore o lo vive raramente. Il dato mette in discussione uno degli stereotipi più radicati sulla malattia e apre la strada a una narrazione più complessa, più fedele alla realtà vissuta. Se il tremore è assente o marginale, a pesare davvero sulla qualità della vita sono sintomi spesso invisibili: lentezza nei movimenti (72%), rigidità muscolare (62%), difficoltà nella scrittura (58%), perdita di equilibrio (45%), ma anche disturbi del sonno (54%), problemi alla voce (50%), dolore (47%), stanchezza (46%) e alterazioni dell’umore (44%). Il risultato è un impatto elevato sulla quotidianità: in oltre 1 caso su 2, il Parkinson compromette profondamente il ritmo di vita, rendendo i movimenti faticosi (59%), la stanchezza spesso insopportabile (54%), ostacolando le attività nel tempo libero (53%) e influenzando negativamente anche l’ambito lavorativo (23%).
L’identità sfaccettata
La malattia, nella percezione dei pazienti, non ha un volto unico. È un “infiltrato pronto a fare danni” per 1 persona su 3, un “nemico da affrontare” per il 28%, una “voce fuori campo” o addirittura un “codardo che si nasconde”. Altri lo descrivono come il “cattivo” che, pur sgradito, è diventato parte del proprio quotidiano. Queste metafore restituiscono un’immagine di Parkinson sfaccettata e inafferrabile, proprio come i suoi sintomi. Eppure, questa umanizzazione di Mister Parkinson nel documentario non è un semplice esercizio creativo: è un modo per avvicinarsi alla malattia, per comprenderla e, soprattutto, per dialogarci, provando a convivere con essa con maggiore consapevolezza.
L’importanza dell’informazione e del supporto
Uno degli aspetti più critici emersi è la scarsa conoscenza della malattia, sia prima della diagnosi (il 79% dei pazienti sapeva poco o nulla del Parkinson), sia da parte del mondo esterno: il 62% ritiene che i propri amici non comprendano realmente cosa significhi vivere con il Parkinson, percentuale che sale all’88% se si parla di estranei. Per questo motivo, per l’84% degli intervistati è necessario parlare di più della molteplicità dei sintomi, superando la narrazione riduttiva che si concentra solo sul tremore. Informare correttamente significa offrire strumenti a chi vive la malattia, ma anche a chi la osserva da fuori: amici, familiari, colleghi, istituzioni. Il documentario mostra anche le emozioni che accompagnano la convivenza con il Parkinson: tristezza (44%), ansia (44%) e rabbia (39%) sono sentimenti comuni, ma c’è anche chi dichiara di accettare serenamente la malattia (21%). E se un giorno Mister Parkinson sparisse? La metà dei pazienti partirebbe per un viaggio in un luogo mai visto, mentre altri desidererebbero giocare di nuovo con i figli o i nipoti (30%), fare trekking (28%), riprendere lo sport (25%) o disegnare (19%).
Il ruolo della scienza
Fondamentale, nel documentario, è anche la voce del prof. Paolo Calabresi, neurologo di riferimento e direttore della UOC di Neurologia al Policlinico Gemelli di Roma. Calabresi sottolinea l’importanza di un approccio olistico alla cura: attività fisica moderata, socialità, arte, musica e teatro non sono semplici passatempi, ma strumenti terapeutici reali che aiutano a contrastare l’isolamento, a migliorare la qualità della vita e a stimolare il cervello. Giangi Milesi, Presidente della Confederazione Parkinson Italia, lo ribadisce con forza: “La convivenza con Mister Parkinson è come una partita a scacchi: ogni volta che si pensa di averlo capito, lui cambia mossa. L’unico modo per affrontarlo è trovare un nuovo equilibrio dentro di sé, facendo leva sulle proprie risorse e sul sostegno delle persone vicine”. “Dialoghi con Mr. Parkinson” non è solo un documentario, è un manifesto di verità e resilienza. Racconta la malattia oltre le sue manifestazioni più visibili, dà voce a chi la vive quotidianamente e prova a cambiare la percezione pubblica attraverso testimonianze autentiche e toccanti. In questo racconto, anche la rabbia e la paura trovano spazio, ma non rubano mai la scena al coraggio, all’ironia, all’amore e alla dignità di chi, ogni giorno, guarda Mister Parkinson negli occhi. E, come scrive Mollica, si prepara ad affrontarlo con un sorriso in tasca.
Parkinson: colpiti in 300mila in Italia
Secondo un'analisi del 2024 dei dati real world di Iqvia Italia, leader mondiale nell'analisi di dati sanitari e farmaceutici, ci sono oltre 300mila persone con questa diagnosi in Italia. E sebbene la maggior parte abbia più di 70 anni (84%), il numero di nuovi casi tra gli under 60 è in crescita, con un esordio che può verificarsi già a partire dai 40 anni. Nell'ultimo anno sono state diagnosticate 16mila persone che hanno iniziato il trattamento.
Questi dati mostrano un'evoluzione non solo clinica, ma anche sociale. Il Parkinson sta entrando nella vita delle persone in età lavorativa, influenzando la vita quotidiana, il lavoro e il benessere psicologico dei pazienti e delle loro famiglie. L'aumento delle diagnosi nelle fasce di età più giovani richiede un cambiamento di prospettiva. Non basta parlare di trattamenti farmacologici, è necessario un modello di cura che garantisca un supporto concreto ai pazienti e alle loro famiglie. Oggi più che mai è essenziale rafforzare i percorsi di cura multidisciplinari.