Epatite C, informarsi per metterci un punto
Il 28 luglio sarà la giornata mondiale contro l’HCV. La fotografia italiana attraverso i dati di AstraRicerche per Gilead Sciences
Epatite C, quanto ne sanno gli italiani? Ben poco. Sebbene 7 su 10 ne abbiano sentito parlare, tra questi solo il 20% conosce davvero la patologia: oltre il 40% dichiara di saperne poco o niente e il 37% dice «così così». Sei persone su 10 sono a conoscenza di un test diagnostico per rilevare il virus dell’epatite C (HCV), ma soltanto 4 su 10 sanno che oggi esiste la possibilità, per i nati tra il 1969 e il 1989 e per alcune categorie di persone a particolare rischio, di sottoporsi gratuitamente a questo test. Troppo pochi, infine, gli italiani a conoscenza del fatto che l’epatite C, oggi, si può curare.
Questi alcuni dei dati emersi dall’indagine demoscopica “Italiani e epatiti”, realizzata da AstraRicerche su un campione di 1.000 italiani per Gilead Sciences sul livello di conoscenza dell’epatite C. Una fotografia che, in previsione della Giornata Mondiale contro l’Epatite del 28 luglio, evidenzia l’importanza di promuovere una maggiore informazione per risolvere un problema di salute pubblica. Sono infatti migliaia le persone che hanno contratto il virus, ma non lo sanno.
L’assenza di sintomi, che si può protrarre anche per anni, non mette in allarme chi lo ha contratto che quindi non fa il test e non si cura. In questo modo, il virus continua a passare da persona a persona. «Sebbene l’epatite C sia oggi una patologia curabile – sottolinea Stefano Fagiuoli, direttore dell’Unità complessa di Gastroenterologia del Papa Giovanni XXIII di Bergamo del dipartimento di Medicina dell’Università Milano Bicocca – c’è ancora un’importante quota di sommerso. In parte perché questa infezione può agire silenziosamente anche per decenni, danneggiando progressivamente il fegato e provocando una cirrosi che può trasformarsi in tumore, in parte perché non c’è adeguata consapevolezza sulle modalità di trasmissione del virus».
Cosa fare allora? «È fondamentale informarsi e fare il test. In alcune regioni – continua Fagiuoli – è attivo un programma di screening gratuito dell’epatite C per i nati tra il 1969 e il 1989 che bisognerebbe allargare alla popolazione generale. Investire in uno screening di tutta la popolazione significherebbe infatti ridurre costi economici e sanitari in soli 4 anni, oltre a ridurre il carico di malattia e di morte, migliorando la qualità di vita delle persone».
Gilead è scesa in campo promuovendo “Epatite C. Mettiamoci un punto”, campagna multicanale di sensibilizzazione per favorire una maggior conoscenza dell’infezione da HCV e dell’importanza del test di screening. «Con questa campagna, ancora una volta siamo al fianco della comunità scientifica e delle Associazioni di pazienti – afferma Carmen Piccolo, direttore Medico di Gilead Sciences Italia – per costruire insieme un mondo senza epatite C».
«Collaborare con tutti gli attori del Sistema Salute – continua – è essenziale per fare davvero la differenza, promuovendo corretta informazione, sensibilizzazione e l’accesso a diagnosi e terapie. Sono profondamente convinta che solo unendo le nostre forze potremo raggiungere gli obiettivi fissati dall’OMS. Invito tutte le persone con un profilo a rischio a sottoporsi al test, solo così potremo sconfiggere l’epatite C». Il virus è stato scoperto tardi e, fino al 1992, non esistevano test per identificarlo.