Cos’è la sepsi: come riconoscerla e trattarla
È importante diagnosticarla in tempo, altrimenti diventa più letale di ictus e infarto. Dalla forma più grave all’errore di scambiarla per batteriemia. Come prevenirla
Roma, 24 febbraio 2025 – “Papa Francesco a rischio sepsi”. È l’ipotesi lanciato dal medico Ivan Gentile sulle condizioni di salute del Pontefice. I sintomi e la bassa conta di piastrine riportata dai bollettino ufficiali che arrivano dal Vaticano “potrebbero far ipotizzare la presenza o il rischio di insorgenza di una sepsi”. La buona notizia c’è. Anche in presenza di spesi, “la condizione clinica sarebbe ancora completamente reversibile”.
Ma cos’è la sepsi e perché è importante riconoscerla per tempo. Ecco i segnali della sepsi e quali trattamenti usati per curarla. Può essere più pericolosa dell'ictus e dell’infarto.
Cos’è la sepsi
Il 20% dei decessi per malattia è causato dalla sepsi. Ogni anno nel mondo vengono colpite dalla sepsi circa 50 milioni di persone, di cui 10 milioni arrivano al decesso. “'La sepsi (dal greco, 'io marcisco') è innescata da una infezione che provoca un danno a uno o più organi”, spiega Ivan Gentile, direttore del dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia dell'Università di Napoli Federico II.
In pratica, quando il sistema immunitario reagisce in modo eccessivo all’infezione “finisce per danneggiare l’organismo” e arriva la sepsi. Ma può essere reversibile se “la identifichiamo e trattiamo correttamente''.
Come riconoscere la sepsi
Quali sono le difficoltà sta nel riconoscere e trattare tempestivamente la sepsi? “'Non esistono test diagnostici validati per la sepsi. Una cosa è certa: la sepsi è una patologia tempo-dipendente, come lo sono l'infarto e l'ictus, e se si interviene correttamente nelle prime ore il tasso di successo è elevato”, dice Gentile.
“Ciò che spiace - avverte l’esperto - è che nel nostro sistema sanitario non esiste ancora una rete sepsi tempo-dipendente al pari di quelle per ictus e infarto, che fortunatamente funzionano bene e garantiscono elevati tassi di cura ai pazienti con tali patologie. Va ricordato che, secondo i dati disponibili, la sepsi, nonostante una verosimile sotto-diagnosi, è responsabile di un numero maggiore di ricoveri e decessi rispetto a ictus e infarto''.
Chi può essere colpito dalla sepsi
Chi può essere colpito dalla sepsi e quali infezioni ne sono più frequentemente responsabili? "La sepsi può colpire chiunque, ma sono più a rischio i grandi anziani, i neonati, i soggetti con malattie croniche come diabete, patologie cardiache,
polmonari, renali o neurologiche. I pazienti oncologici e gli immunodepressi. Il focolaio infettivo può coinvolgere vari organi e apparati: i polmoni (polmonite), l'addome (peritoniti o ascessi), i reni (pielonefriti), la cute (fasciti), e altri distretti corporei", avverte Gentile.
Indipendentemente dalla sede dell'infezione, il paziente settico si presenta spesso confuso, con insufficienza renale e diuresi ridotta, difficoltà respiratorie e pressione bassa. Sintomi che, secondo i bollettini ufficiali, accusati da Papa Francesco.
Perché è difficile diagnosticarla
“Gli esami di laboratorio mostrano indici di infiammazione elevati, possibile riduzione delle piastrine e aumento della bilirubina. La non specificità di questi sintomi – rimarca il medico – rende la diagnosi complessa, portando talvolta i pazienti a essere erroneamente indirizzati verso altri percorsi diagnostici, come quello per l'ictus per i soggetti confusi, con conseguente ritardo nella gestione della sepsi'”.
Choc settico: la forma più grave
“La forma più grave della sepsi è lo choc settico, una condizione caratterizzata da un'alta mortalità, in cui abbiamo solo un'ora per intervenire con una terapia adeguata per garantire la massima sopravvivenza. Ogni ora di ritardo nel trattamento dopo la prima comporta un aumento della mortalità dell'8-10%", avverte il medico.
L’errore più frequente: confonderla con la batteriemia
“Un errore frequente che si rischia di commettere è confondere la sepsi con la batteriemia, concetti molto diversi. La batteriemia indica la presenza di batteri nel sangue, ma la diagnosi di sepsi non richiede necessariamente la presenza di patogeni nel torrente ematico”.
La terapia più adatta
"Per quanto riguarda la terapia, la sepsi richiede un intervento tempestivo con una terapia antimicrobica adeguata, scelta in base all'organo colpito dall'infezione e al rischio di resistenza. In questo è fondamentale la conoscenza dell'ecologia dell'ambiente (ospedale o territorio) da cui proviene il paziente, cioè dal rischio di imbattersi in patogeni resistenti ai farmaci ed il consulto di un infettivologo”, spiega l’esperto.
Come prevenire la sepsi
Come possiamo prevenire la sepsi? "La prima regola – dice Gnetile – è mantenere uno stile di vita sano, con un'alimentazione equilibrata e un'attività fisica regolare. È essenziale, soprattutto
per chi soffre di malattie croniche, vaccinarsi contro i patogeni che possono causare infezioni gravi e sepsi. Ogni volta che visito un paziente con sepsi causata da un'infezione prevenibile con un vaccino, mi chiedo cosa non abbia funzionato nel sistema. La stessa domanda mi pongo quando vedo pazienti con sepsi non riconosciuta e trattata in ritardo”.
"L'auspicio è che la sepsi venga maggiormente conosciuta, poiché solo attraverso una maggiore consapevolezza possiamo curarla meglio. Ritengo assolutamente necessaria e improcrastinabile la creazione di una rete tempo-dipendente dedicata alla sepsi nel nostro
Paese”, conclude Gentile.