Come combattere il mal di schiena: la rivoluzione della robotica

Tutti i benefici della tecnologia per liberarsi dal dolore. Ne parla Luca Serra, responsabile della Chirurgia Vertebrale all’Ospedale Israelitico di Roma

di PATRIZIA TOSSI
26 luglio 2024
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Otto italiani su dieci soffrono di mal di schiena: il 10% è grave e la maggior parte delle persone ne soffre dopo i 65 anni. Se nelle forme meno invasive si può fare molto con lo yoga, il pilates e le attività posturali, nei casi più gravi oggi si può intervenire in modo non invasivo, consentendo di recuperare una vita dinamica anche in tarda età. E la robotica sta rivoluzionando le cure, rendendole più semplici, precise e con meno effetti collaterali.

 

L’innovazione tecnologica contro il mal di schiena ha riscontrato progressi anche più rilevanti rispetto ad altre discipline. Ne derivano interventi chirurgici mininvasivi sempre più precisi, ricoveri più brevi, convalescenze più veloci, ritorno alle proprie abitudini – anche sportive – in tempi prima impensabili.

 

I minori rischi nell’intervento e i tempi più rapidi di recupero producono benefici sia per il paziente che per le strutture. Questo tipo di intervento è emblematico nel caso della stenosi del canale lombare, una patologia assai diffusa nella popolazione che ha superato i 65 anni. La realtà dell’Ospedale Israelitico di Roma rappresenta un’esperienza importante in tal senso.

 

La rivoluzione chirurgica

 

L’intervento chirurgico per la stenosi del canale lombare è divenuto molto frequente per le migliori condizioni che vengono messe a disposizione dei pazienti e dell’elevato numero di persone che soffre di questa patologia, patendo un decadimento della qualità della vita per il restringimento (la stenosi, appunto) del canale lombare, che spesso si verifica in tarda età.

 

Una donna su 5 con la menopausa e un uomo su 8 dopo i 65 anni possono incorrere in una frattura vertebrale. Le condizioni possono aggravarsi senza interventi tempestivi: dopo la prima frattura, la probabilità di una recidiva aumenta di 5 volte, mentre il rischio di una terza ricaduta può incrementarsi persino di 25 volte.

 

“In passato, la stenosi del canale lombare era associata all’invecchiamento e alla riduzione dell’autonomia e della qualità di vita, mentre solo di rado si ricorreva all’intervento chirurgico che era invasivo, con una pesante anestesia e una lunga convalescenza, condannando le persone a rinunciare all’operazione e a rassegnarsi a una vita meno dinamica”, spiega Luca Serra, responsabile della Chirurgia Vertebrale all’Ospedale Israelitico di Roma.

 

“Oggi è possibile sottoporsi all’intervento – continua – e tornare a una vita dinamica e persino sportiva. Il canale lombare che si è ristretto va allargato e successivamente stabilizzato: questa seconda parte dell’intervento, che prima si associava a possibili complicazioni, adesso si può fare senza aprire la colonna vertebrale, ma con semplici incisioni. L’intervento è facilmente realizzabile anche in tarda età, fino anche a 90 anni. La diffusione di questo tipo di attività chirurgica ha aperto la strada ad altri interventi mini-invasivi, con queste tecniche percutanee sempre più diffuse contro i vari tipi di mal di schiena”.

 

I vantaggi della robotica

 

A rendere ancora meno invasivo l’approccio contro il mal di schiena come nel caso della stenosi del canale lombare è la robotica, che aiuta molto nella messa in sicurezza degli interventi alla colonna e rinforza il tratto operato. “Nella stenosi, grazie alla tecnica chirurgica dell’artrodesi conservativa (l’intervento sulla mobilità della colonna, ndr) consentita dalla robotica – continua Serra – è possibile allargare canali in persone anziane che fino a qualche anno fa si rassegnavano ad avere una vita scadente, a non camminare più, a fare interventi molto invasivi”.

 

“Possiamo contare – prosegue il medico – su procedimenti come la navigazione, ossia la possibilità di seguire l’intervento in tempo reale nel corpo umano anche in aree delicate come il canale vertebrale, dove passano il midollo e il nervo, il cui monitoraggio rende l’atto chirurgico molto più sicuro. Questi miglioramenti sono però oggi disponibili solo in alcuni centri selezionati”.

 

Quanto costa l’innovazione

 

“Apparentemente il costo di queste innovazioni è rilevante, ma saranno sempre più necessarie in tutte le chirurgie vertebrali e rappresenteranno un investimento ampiamente compensato dal risultato. Ne beneficia sia il paziente, che può contare su tempi di recupero più brevi, maggiore precisione e sicurezza dell’intervento, un minore impatto operatorio e minore ricorso a farmaci e terapie; sia per la struttura, che può così svolgere più attività e non rischiare complicazioni dell’intervento”, sottolinea Serra.

 

I motivi del mal di schiena

 

Le novità rappresentano un passo avanti significativo per tutte quelle persone che soffrono di forme gravi di mal di schiena, che in forma generica riguarda il 70-80% degli italiani. È spesso correlato agli stili di vita, che portano alla mancanza di attività fisica e a una errata postura.

 

“La patologie che portano al mal di schiena sono numerose – sottolinea Luca Serra – come l’artrosi, l’ernia del disco, l’osteoporosi, le deviazioni della colonna (scoliosi o cifosi), o ancora scivolamenti, instabilità, spondilolistesi. Sono fondamentali le moderne tecnologie per diagnosi accurate e trattamenti mirati, come terapia del dolore, chirurgia mininvasiva, infiltrazioni terapeutiche. Tolte le forme transitorie, resta il 10% di patologia seria, su cui servono trattamenti specifici e, talvolta, l’intervento chirurgico, necessario soprattutto in tarda età per patologie come la stenosi del canale vertebrale, le fratture vertebrali, l’osteoporosi”.

 

Questi numeri così elevati comportano anche dei costi, stimati in 36 miliardi di euro, visto che proprio il mal di schiena è la principale ragione di visite mediche e la causa più frequente di assenza dal lavoro: si tratta di 2,3 punti del Pil, da cui si intuiscono i risvolti socioeconomici, sia come costi diretti (diagnostici e terapeutici) che indiretti (assenze dal lavoro, mancata produttività).