Cambia il clima, cala la fertilità

I dati presentati al Congresso Eshre 2024 mostrano l’incidenza dello smog sulla salute riproduttiva femminile

di LETIZIA MAGNANI
18 agosto 2024
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Cambiamento climatico e inquinamento incidono nelle nostre vite, anche sul fronte della fertilità. Una connessione di cui la scienza parla da tempo, ma che ora è evidente, grazie agli esiti di uno studio presentato ad Amsterdam, nel corso del 40º congresso annuale dell’Eshre, la Società europea di riproduzione umana ed embriologia. Stando ai risultati di questa ricerca, pubblicati su “Human Reproduction“, l’esposizione al particolato fine potrebbe ridurre le probabilità di successo della fecondazione in vitro, portando a una diminuzione fino al 40% nel tasso di nascite.

 

Lo studio è stato condotto da ricercatori australiani e si concentra sull’effetto del particolato fine durante i cicli di fecondazione in vitro. Per otto anni, gli scienziati hanno seguito 1.836 pazienti, sottoposti complessivamente a 3.659 trasferimenti di embrioni congelati. Le donne prese in esame avevano un’età media di 34,5 anni al momento del prelievo degli ovociti e di 36,1 anni al momento dell’impianto degli embrioni. La ricerca si è concentrata in particolare sull’analisi delle esposizioni al Pm10, cioè alle polveri sottili, nelle due settimane precedenti la raccolta degli ovociti, nonché sul Pm2,5 nei tre mesi precedenti. La suddivisione delle pazienti in quartili di esposizione ha permesso di confrontare direttamente gli effetti della qualità dell’aria su scala individuale.

 

L’analisi ha rivelato un chiaro trend negativo: maggiore è l’esposizione al particolato fine, minore è la probabilità di successo nella nascita di un bambino. Emerge, infatti, che le donne maggiormente esposte al Pm 10 hanno avuto una riduzione fino al 40% di portare a termine la gravidanza. «L’effetto negativo si è manifestato in modo evidente, mettendo in luce la vulnerabilità della salute riproduttiva anche in contesti con bassi livelli di inquinamento», dice Sebastian Leathersich, autore principale dello studio e specialista in fertilità al King Edward Memorial Hospital di Subiaco.

 

Il presidente di Eshre, Anis Feki, ha espresso sostegno alle conclusioni dello studio, sottolineando «la necessità di una maggiore attenzione ai fattori ambientali nella salute riproduttiva». Le sue raccomandazioni impongono un impegno continuo nella riduzione dell’esposizione agli inquinanti atmosferici attraverso politiche di controllo dell’inquinamento più rigorose e una migliore gestione delle risorse ambientali. Le implicazioni dell’inquinamento per la salute pubblica sono in effetti tante e tutte negative.

 

«Per molto tempo gli effetti dell’inquinamento e dei fattori ambientali sull’infertilità sono stati sottovalutati: considerati i risultati delle ultime ricerche, compresa quella appena presentata ad Eshre, e il fatto che secondo l’ultimo rapporto di Legambiente in Italia, nel 2023 18 città su 98 hanno superato i limiti giornalieri di Pm10, dobbiamo davvero correre ai ripari», dice Daniela Galliano, specialista in Ostetricia, Ginecologia e Medicina della Riproduzione, responsabile del centro Pma di Ivi di Roma.

 

«Tra i fattori ambientali maggiormente coinvolti vi sono gli interferenti endocrini, sostanze insidiose potenzialmente in grado di alterare la funzionalità del sistema endocrino causando in tal modo effetti avversi sulla nostra salute e prole. Tutte queste sostanze chimiche possono essere disperse nell’ambiente o mediante l’inquinamento atmosferico oppure nelle acque e nei suoli. Anche l’esposizione cronica per motivi di lavoro a sostanze chimiche o a radiazioni può influire negativamente sulla fertilità e, per questo, alcune categorie di lavoratori possono essere maggiormente interessate.

 

L’alimentazione è il veicolo di esposizione principale agli interferenti endocrini: secondo recenti stime, in assenza di azioni per la riduzione del rischio, l’esposizione a interferenti endocrini contribuisce per almeno il 20% all’incidenza di malattie riproduttive, quali endometriosi, infertilità maschile e criptorchidismo», conclude Galliano. Il prossimo passo sarà capire meglio i meccanismi biologici attraverso cui il particolato fine e l’inquinamento ambientale influiscono sulla fertilità.