Ansia negli uomini e altri tabù: perché parlarne è sempre importante
Molti soggetti di sesso maschile tendono a evitare di occuparsi della propria salute mentale per ragioni culturali, ma la prevenzione è il primo step verso la guarigione
Una fetta sempre più amplia di opinione pubblica, sui social in modo particolare, sostiene da ormai diversi anni una tesi sulla quale vale la pena sviluppare qualche riflessione e intrattenere dibattiti: gli uomini avrebbero creato le condizioni per cui parlare di problemi di salute mentale e di debolezze in generale sarebbe un tabù.
Questo perché, storicamente, al maschio è sempre stato associato lo stereotipo del sesso forte, mentre alla donna si sono spesso collegati i concetti di sensibilità e debolezza, sia fisica sia mentale. Tale divisione, molto rigida, ha però impedito di raccontare ed esprimere la complessità umana: ecco perché alcuni soggetti di sesso maschile, ancora oggi, tendono magari a soffrire in silenzio, e a considerare alcuni percorsi terapeutici come un fallimento. Ma senza un supporto e un dialogo adeguato, anche - per esempio - all’interno della coppia, si rischia di peggiorare un quadro già di per sé piuttosto delicato.
I sintomi dell’ansia
Gli uomini, come anticipato, tendono nella maggior parte dei casi a interiorizzare i propri stati d’ansia, spesso ignorandoli fino a quando non si manifestano sintomi fisici. Il dottor Bruce Thiessen, psicologo di San Diego negli Stati Uniti, ha sottolineato che l’ansia negli uomini si riflette spesso attraverso “segni somatici come ipertensione, problemi gastrointestinali e persino dolori al petto”. In molti casi, questi sintomi vengono sottovalutati se non addirittura mascherati, con il rischio di peggiorare il problema.
Un esempio frequente è quello degli uomini che avvertono dolori al petto: invece di considerare l’ansia come possibile causa, tendono a far finta che il sintomo nemmeno si sia presentato, o a trattarlo come un problema fisico isolato. Questo atteggiamento non solo ritarda la diagnosi, ma contribuisce anche a mantenere un ciclo di sofferenza silenziosa che, con il passare del tempo, potrebbe svilupparsi in condizioni ancor più serie
Lo stigma
C’è poi in questo contesto un tema piuttosto scivoloso da affrontare, quello dello stigma. Come confermato dal dottor Sammie Moss, psichiatra del Kaiser Permanente di Oakland, lo stigma culturale ha un ruolo cruciale nel frenare gli uomini dal cercare aiuto. Ammettere di avere difficoltà psicologiche viene percepito come qualcosa di negativo, in contrasto con l’ideale di “forza maschile” di cui sopra. Questa vergogna interiorizzata spinge molti uomini a trovare metodi alternativi, spesso dannosi, per gestire l’ansia. Non è dunque raro che in questi casi si assista a un abuso di sostanze stupefacenti o di alcol, che dai soggetti più vulnerabili vengono visti come strumenti per una temporanea fuga da una realtà fin troppo dolorosa.
Quale potrebbe essere la soluzione, dunque? Un cambio di prospettiva è quanto mai necessario, ed è realizzabile ad esempio con il supporto dei media e dei professionisti della salute mentale, che dovrebbero impegnarsi in campagne di sensibilizzazione che presentino modelli maschili positivi “imperfetti”, capaci di parlare apertamente delle loro lotte interiori.
La terapia
Già ammettere di avere un problema è un passo importante. Questo significa imparare a riconoscere i segnali d’allarme, sia mentali che fisici, e sapere quando cercare aiuto. Terapie come la psicoterapia cognitivo-comportamentale, esercizi di rilassamento o pratiche di mindfulness possono essere strumenti efficaci per gestire l’ansia e migliorare la qualità della vita di soggetti di sesso maschile alla ricerca di conforto e di una maggior serenità nelle loro battaglie quotidiane.